Da oramai diversi anni in Ticino lo sviluppo ha preso velocità molto diverse a seconda della regione. La differenza l’ha fatta il Luganese. Grazie a obiettivi ben formati, corrette valutazioni del potenziale e dei mezzi a disposizione e soprattutto grazie all’informazione e al dialogo, Lugano è riuscita a rafforzarsi mediante fusioni di ampiezza significativa.

Questa dinamica ha permesso alla città di Lugano e alla fascia dei comuni circostanti di crescere e rafforzarsi, sfruttando e ampliando al tempo stesso, in una spirale positiva, l’effetto benefico della crescita della piazza finanziaria. Il tutto ha consentito di scoprire e di applicare, affinandoli man mano, nuove tecniche e metodi di urbanizzazione, che a loro volta generano ulteriore potenziale di crescita qualitativa e/o quantitativa per il futuro.

In contrapposizione a questa evoluzione le rimanenti regioni, in particolare il Locarnese e il Bellinzonese, hanno continuato a tirare a campare e a lasciare che “forze occulte” (persone influenti che agiscono senza mai esporsi, progetti e richieste su studi di fusione finite sui binari morti dei piani alti del DT) soffocassero le iniziative, che pertanto sono state numerose.
L’esempio più tristemente eloquente di una situazione che se non verrà presa in mano al più presto rischia di causare danni e lacerazioni profonde e di lunga durata, è quella della proposta da parte di funzionari dell’amministrazione pubblica di creare il Parco del Piano di Magadino.

La questione è duplice: da un lato vi è l’aspetto formale di dare il titolo di Parco alla pianificazione di un territorio ricco, diversificato e complesso nel quale si intrecciano tutti gli aspetti rilevanti del vivere ai nostri giorni: natura, svago, hobbies e tempo libero, agricoltura, industria, abitazione, viabilità, collegamenti alle grandi vie di comunicazione. Il “cappello” di “Parco” rischia prima o poi di far scivolare le zone interessate sotto il controllo rigido e inappellabile delle direttive che regolano questa forma di progettazione territoriale.
Le conseguenze pratiche che ne deriverebbero potrebbero risultare penalizzanti per TUTTI i comuni e le altre parti coinvolte in qualche modo, come d’altronde il progetto presentato mette bene in chiaro.
E a questo proposito desta stupore e incredulità che alle numerose reazioni isolate non abbia finora fatto seguito alcuna reazione da parte degli enti preposti, o una presa di coscienza da parte dei vertici delle regioni coinvolte.

Il secondo aspetto riguarda appunto questa opprimente assenza di reazione, di auto-responsabilizzazione dei politici. Questo cosa significa?
Partiamo ancora una volta dall’esempio dei comuni del Luganese: è di questi giorni la notizia che Agno, Bioggio e Manno si sono resi conto della necessità di pianificare una zona finora inutilizzata per trovare soluzioni e sviluppi futuri di vario tipo (viabilità, sviluppo edile per commerci e industria o abitazioni, ecc.) ed hanno creato un team coinvolgendo esponenti politici e specialisti vari di pianificazione viaria, urbanistica, e quant’altro per sviluppare proposte valide per l’inserimento della zona nello sviluppo generale.
Com’è stato possibile giungere a questo? Semplice: con una visione del futuro e dialogando. Come procederà, come si risolveranno gli innumerevoli problemi di vario tipo tecnico e come si troveranno gli accordi per risolvere ineguaglianze che inevitabilmente sorgeranno tra i comuni rispetto alla situazione attuale ? Alla stessa maniera: dialogando.

Invece attorno al Piano di Magadino da decenni ha regnato un dialogo … tra sordi, assolutamente privo di visioni per il futuro di trasparenza e informazione. Questa situazione alla lunga ha obbligato la mano pubblica a occuparsi viappiù delle cose fino a prendere in mano la progettazione al punto di andare oltre gli interessi e le visioni dei singoli comuni e gruppi d’interesse, causa la mancanza di dialogo aperto tra di loro.
Le soluzioni proposte sono in stridente contrasto con quella che si potrebbe immaginare come pianificazione sostenibile, in quanto cancellano indiscriminatamente del marcio e molto del buono. Inoltre a dispetto dell’ampiamente proclamato inno alla natura, collidono con le più elementari logiche ambientali per quanto attiene al collocamento delle principali infrastrutture.

Ora si impone uno sforzo tutt’altro che indifferente, che consiste inizialmente nel saper cogliere con la dovuta umiltà e saggezza l’esempio valido del Luganese e adottarlo, quindi nel creare un gruppo di lavoro tra i comuni e le parti coinvolti, che a loro volta avvalendosi del prezioso studio svolto sin qui dai progettisti sapranno gettare, con la dovuta informazione e trasparenza all’interno dello stesso gruppo di lavoro e ben inteso anche verso la popolazione, le basi per una vera pianificazione sostenibile e il più possibile rispettosa delle aspettative di tutte le parti.

mogam