Venerdì 4 marzo 2011 si è tenuta la prima riunione annuale della Commissione tripartita (CT) in materia di libera circolazione delle persone, durante la quale sono stati presentati i risultati dello studio IRE su “disoccupazione e frontalierato nel Cantone Ticino”.

Scopo dello studio che la CT ha commissionato all’IRE era quello di verificare se sul mercato del lavoro ticinese sia in atto un processo di sostituzione sistematica dei lavoratori indigeni con lavoratori frontalieri.
La prima considerazione che emerge dallo studio – afferma la CT – è che, visto il tenore dell’occupazione e la non concorrenzialità tra i profili dei disoccupati e quelli dei lavoratori frontalieri, non sembra esistere evidenza scientifica a supporto della tesi di sostituzione sistematica di manodopera locale con frontalieri. Semmai, per ora, si può parlare di un fenomeno di abbinamento non pienamente soddisfatto tra domanda di lavoro e offerta del mercato interno. L’unico ramo che appare in “situazione critica” – per l’aspetto occupazionale – è quello del commercio, da tempo sotto stretto controllo. Ovviamente l’analisi di dati aggregati non permette di rilevare casi isolati o non sistematici di sostituzione, che sappiamo esistere e che vengono puntualmente monitorati.

In secondo luogo, si può affermare -sempre secondo la Commissione tripartita – che la crescita dei frontalieri degli ultimi anni appare, nonostante possa in parte essere stata senz’altro favorita dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALCP), un fenomeno strutturale in atto già dalla fine della crisi degli anni ’90, dovuto alla trasformazione strutturale dell’economia ticinese verso un’economia di servizi, pur mantenendo alcune specializzazioni anche nel settore secondario. L’aumento del numero dei disoccupati appare invece più come un fenomeno congiunturale, legato alla crisi iniziata alla fine del 2007.

I salari vedono un lento ma progressivo allineamento su livelli medio-alti e una graduale omogeneizzazione tra svizzeri, stranieri residenti e frontalieri, anche se ovviamente i salari dei lavoratori svizzeri restano più elevati date le differenze nei profili professionali e d’impiego e la maggioranza di lavoratori svizzeri in settori più remunerativi.

Per quanto riguarda le sfide future, considerato che emerge una situazione di forte richiesta sul mercato di figure professionali dall’estero, il rapporto dell’IRE evidenzia alcune necessità:
· l’osservazione dello sviluppo delle agenzie di collocamento, fenomeno in ogni caso già oggetto di stretta sorveglianza e numerosi controlli, che si estendono anche ai rami più a rischio;
· l’analisi della formazione dei lavoratori: il mercato richiede sempre più lavoratori in entrata con alti livelli di istruzione e in grado di assumere mansioni di responsabilità;

dallo studio emerge che il mercato, presumibilmente non trovando appieno tali figure all’interno del Ticino, si è rivolto e continua a rivolgersi all’estero;
· la necessità di intervenire, al di là del fenomeno del frontalierato e dell’ALCP, sui disoccupati di media età, con una formazione non elevata, spesso di lunga durata, e in continuo aumento.

L’IRE rileva infine che, per completare l’analisi, sarebbe opportuno svolgere un’indagine dedicata presso le aziende ticinesi, per capire le loro preferenze circa le caratteristiche della manodopera ricercata.

La CT ha per ora preso atto del rapporto e si pronuncerà prossimamente sulla proposta di completarlo con un’ulteriore indagine presso le aziende ticinesi.
Lo studio integrale è consultabile sul sito dell’Ufficio cantonale per la sorveglianza del
mercato del lavoro:
http://www4.ti.ch/dfe/de/spe/usml/sportello/rapporti-e-studi/
e
sul sito del Centro per l’osservazione delle dinamiche economiche dell’IRE:
http://www.code.ire.eco.usi.ch/pubblicazioni/pubblicazioni.cfm