La storia evidenzia come a cicli decennali l’economia globale subisca delle contratture, dei periodi di recensione (o di crisi nei casi peggiori) per poi via via riprendersi con indici finanziari ancor più elevati rispetto a prima del picco negativo. Le cause sono molteplici e complementari ma non le medesime negli eventi distinti: spesso sono i conflitti nazionali o internazionali dei paesi esportatori di materie prime a scaturire degli scompensi nel mercato mondiale, altre volte sono i mercati leader a far crollare il mercato globale a causa di situazioni particolari come avvenne ad esempio con la bolla immobiliare statunitense.

La Svizzera ovviamente non può condizionare questi eventi e difficilmente può prevederli tanto più che le dinamiche del mercato e con esse i flussi degli investimenti sono notevolmente cambiati con l’esponenziale crescita dei paesi emergenti quali la Cina e l’India. L’economia nazionale (e pertanto anche quella cantonale) subisce però indirettamente i contraccolpi, ad esempio a causa della politica monetaria attuata negli altri stati con l’euro e il dollaro ai minimi storici che penalizzano massicciamente l’esportazione dei nostri beni come pure per la pressione politica esercitata dagli altri stati sulle nostre normative bancarie che vorrebbero porre fine al principio del segreto bancario per riportare in patria i capitali depositati negli istituti elvetici.

Gli equilibri finanziari sono molto cambiati e la società si evolve molto più rapidamente rispetto al passato a tal punto che definire degli interventi singoli senza un’adeguata riflessione ad ampio raggio diventa quasi un gioco d’azzardo. Del resto però restare spettatori del palcoscenico economico non aiuta e una via dovrà pur essere percorsa. Fondamentale pertanto riformulare al più presto una visione di quello che sarà la nostra politica economica futura e questo coinvolgendo attivamente gli operatori economici, gli imprenditori, le associazioni economiche e anche gli istituti di formazione universitaria.

In tal senso si spera che la neo costituita fondazione Agire possa soddisfare queste esigenze, coordinando nel contempo in modo armonico le azioni previste. Nell’esame non potrà essere tralasciata la politica fiscale, uno dei tasselli del promovimento economico. Inevitabile quindi il dibattito sull’amnistia fiscale come pure su nuove forme di incentivi per favorire investimenti in nuove ed innovative attività imprenditoriali nel nostro territorio.

Anche la politica energetica dovrà essere fortemente considerata, dal momento che un aumento del costo dell’energia avrebbe un effetto devastante per le industrie ma anche per i servizi già colpiti duramente dal franco forte. Altro tema caldo dove bisognerà forzatamente trovare delle convergenze è sul fronte della mobilità. Una chiusura prolungata del Gottardo metterebbe letteralmente in ginocchio la nostra economia (e non solo il settore del Turismo) ed il mancato completamento a sud di Alptransit comprometterebbe in modo significativo il nuovo concetto elaborato del trasporto merci su ferrovia. Sempre più urgente vi è pure la sistemazione delle arterie principali di traffico nel Mendrisiotto, sul piano del Vedeggio e sul piano di Magadino ormai congestionate.

Oltre all’aspetto infrastrutturale s’impone anche una soluzione dal traffico indotto dai frontalieri i quali non pagando localmente alcuna tassa di circolazione e pertanto non partecipano ai relativi costi generati, tema che dovrà essere considerato nella rielaborazione degli accordi sul ristorno all’Italia dell’imposta alla fonte. Vi sono ovviamente tanti altri ambiti che dovranno essere approfonditi, in particolare mi preme però di citare ancora la delicata situazione della nostra piazza finanziaria ticinese. Nonostante gli scudi fiscali italiani una buona parte del capitale è rimasta in Ticino ma in mancanza di finalità fiscali a parità di resa non sarà facile mantenere questa situazione a lungo, una particolare attenzione nelle esigenze di questo settore dovrà quindi essere sicuramente data. Parlare di economia significa parlare di occupazione, in Ticino i dati non sono molto confortanti, con un tasso di disoccupazione in aumento (5.8% a gennaio) confrontato inoltre con l’aumento del costo della vita anch’esso in ascesa.

Una situazione preoccupante alla quale bisogna reagire, intensificando anche le relazioni interne ed internazionali, da un lato per essere supportati nella scomoda situazione di cantone periferico e di frontiera e dall’altro per crearsi nuove opportunità.

Rolf Endriss candidato al Gran Consiglio PPD+GG nr. 31