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Tra i molti temi sollevati in campagna elettorale, il più gettonato è, a buon diritto, l’occupazione, in particolare la problematica dei giovani al primo impiego e quella dei meno giovani con difficoltà di reinserimento.
Un terzo argomento merita però la dovuta attenzione: molti infatti i ticinesi che, anche con sacrifici loro e delle loro famiglie, si sono spostati fuori Cantone per formarsi e acquisire professionalità. Molti di loro hanno avuto anche un discreto successo e si sono affermati nei rispettivi ambiti professionali. Al momento però di far ritorno nell’amato Ticino, si trovano confrontati con un’amara realtà: poche, anzi pochissime le opportunità interessanti, per cui spesso sono costretti a rinunciarvi o ad accettare condizioni lavorative peggiori (e non solo dal profilo finanziario).
In un’ottica moderna in cui ci si concentra sempre più a “valorizzare le proprie risorse” (e la politica inizia pian piano ad appropriarsi di questa azzeccata espressione) la situazione pocanzi descritta è in completa contrapposizione: il Ticino non dispone di grandi risorse e sicuramente una delle più importanti è costituita dai propri cittadini, con un grado elevato di scolarizzazione e capaci di creare le fondamenta, almeno finora, per un luogo magnifico in cui vivere. Ora, se una parte di questi cittadini (e sono tanti) non ha più la possibilità di farvi ritorno, oltre a non godere i frutti dei propri investimenti, il nostro Cantone perde una parte importante del proprio passato… ed è veramente un gran peccato!
Ecco un’ulteriore stimolo affinché il Ticino crei nuova occupazione, un’occupazione di qualità che necessiti manodopera specializzata e che produca alto valore aggiunto. In questo senso la politica deve supportare attivamente l’economia, attuando sinergie tra Cantone e Comuni, pianificando infrastrutture e servizi per facilitare la crescita delle aziende già presenti sul territorio. Spesso si tende infatti a vedere lo sviluppo del Cantone unicamente attraverso l’insediamento di nuove aziende, mettendo quasi in secondo piano quelle già presenti. Diamo maggior credito e fiducia alla popolazione ticinese, favorendo la crescita delle realtà locali, più sensibili all’impiego di manodopera indigena, legate al territorio e radicate nel suo contesto.
Usiamo il nostro prezioso territorio con parsimonia e oculatezza, evitando di intasarlo con insediamenti di scarsi vantaggi economici e fiscali, spesso con l’impiego di amministratori e personale non indigeno. Smettiamola una buona volta di piangerci addosso e lamentarci: rimbocchiamoci le maniche come fecero i nostri “avi” che, col sudore, tanti sacrifici e poche chiacchiere, ci hanno lasciato un bellissimo posto in cui vivere!
Marco Balerna
Sindaco di Lamone, candidato al Gran Consiglio