Il 26 novembre scorso, a meno di un’ora dalla scomparsa di Yara Gambirasio, secondo una lettera anonima giunta all’ Eco di Bergamo e scritta da un uomo, tre ragazzi si trovavano in mezzo al campo di Chignolo d’Isola dove, tre mesi dopo, sarebbe stato ritrovato il cadavere della ragazzina.

La missiva e’ stata esaminata dalla squadra mobile. Nella lettera l’uomo sostiene di essere un commesso viaggiatore e di abitare a circa una quarantina di chilometri da Chignolo.
La sera della scomparsa di Yara – scrive – si era appartato con una prostituta di colore – di cui fornisce anche il nome – incontrata e fatta salire sulla sua auto a circa 500 metri dal campo. Per questo non ha voluto firmare la lettera.
“Visto poi come trattano i testimoni, il mio racconto distruggerebbe una vita di sacrifici, nonostante cio’ che faccio ogni tanto nel tempo libero, ho famiglia e ci tengo”. Arrivato con la donna ai margini del prato, l’uomo dice di avere illuminato coi fari dell’auto due scooter parcheggiati di traverso.
“Non mi sembrano scooter grandi, da patente, anche se non me ne intendo di moto, ma scooterini da ragazzi – ha detto – Non ricordo il colore, penso fossero neri, al massimo blu scuro o grigio scuro. C’era un casco a terra e uno sulla sella”.
“Con i fari, per pochi secondi – prosegue – ho fatto luce nel campo dove ho visto, anzi abbiamo visto, delle figure che si allontanavano o meglio si addentravano nel campo. Sembravano litigare, o forse scherzavano e avevano fretta. Ho solo due certezze: che erano tre e che erano le 19 in punto del 26 novembre”.

Per evitare testimoni la prostituta lo invita a cambiare posto. Soltanto il 26 febbraio, giorno del ritrovamento di Yara, l’uomo ripensa a quella sera. Anche se si decide a scrivere solo dopo circa un mese.
“Volevo e dovevo scrivere o parlare dal giorno del ritrovamento – dice – Ho riconosciuto subito in tv il posto, anche se l’avevo visto al buio, ma per conferma con punti di riferimento come il capannone e la discoteca ci sono tornato di giorno e vi assicuro che quel 26 novembre ero li’: esattamente li’ e i miei fari facevano luce su quelle persone che andavano in quella direzione. Spero lo prendano, non importa l’eta’: deve pagare.
Ho un figlio di 15 anni e non esiterei a fargli fare l’esame del Dna, se non vivesse a 40 chilometri”.

(Fonte: Agi)