Diciamolo: criticare Giorgio Giudici, il Re di Lugano, non é uno sport tanto popolare. Però dopo la batosta elettorale che proprio il suo partito ha raccolto, sia a livello cantonale che nella sua Lugano, forse anche lui qualche domanda dovrebbe tranquillamente porsela. E dovrebbe farlo evitando quelle ricette che negli ultimi anni ha propinato senza giungere mai alla cottura.

Tra i soci fondatori di Idea Liberale, malgrado i proclami, i ricchi ed esclusivi aperitivi (ad invito e non per tutti) e i discorsi di circostanza, Giorgio Giudici non ha cavato un ragno dal buco. Lo abbiamo visto in scene di ogni genere: dai litigi con i vertici del PLRT alla foto di gruppo pochi giorni dopo, con la birretta in mano a siglare la tregua, per non parlare di dimissioni annunciate e poi revocate. Per terminare, dopo la batosta del 10 aprile, con nuove dimissioni irrevocabili che hanno sciolto IdeaLiberale come neve al sole.

Nella sua recente intervista sul domenicale Il Caffè, Giorgio Giudici parla di “necessità di rinnovamento” ma ovviamente non si riferisce alla sua carica, che inizia nel 1978 quando entra in Municipio e prosegue dal 1984 come sindaco di Lugano. A parte i capi di Stato nei paesi arabi o sud americani sono pochi i dirigenti che vantano una simile longevità.
Sempre sulle spazio concesso da Il Caffè Giudici si è poi lanciato in previsioni e consigli non richiesti, dove ha indicato – per l’ennesima volta – la via da seguire, convinto com’è di rappresentare l’intero centro destra ticinese.

Per molto tempo considerato il sesto Consigliere di Stato, nel corso degli ultimi anni Giorgio Giudici ha perso lo smalto di un tempo. Una perdita di tono che lo obbliga sovente a cambi di rotta repentini, soprattutto quando esce sconfitto su temi posti in consultazione popolare. Forse il rinnovamento che auspica dovrebbe iniziare proprio da Lugano.

C.S.