Chi abbasserà per primo le armi ? Il regime o la contestazione ? E’ la domanda che si pone Amar Abdelhamid, fondatore del blog Syrian Revolution Digest.

Lunedì scorso almeno 3000 soldati erano stati mandati nella città di Dera’a per schiacciare le proteste. In questo modo il presidente siriano Bachar al Assad ha trasmesso un messaggio forte a chi vuole le sue dimissioni.
Incondizionatamente dalla parte del regime, lunedì l’esercito siriano ha fatto la sua prima vera entrata sulla scena delle manifestazioni, ma la repressione, pur sanguinosa, non ha scoraggiato le migliaia di persone che continuano ogni giorno a scendere nelle strade lanciando sassi contro i carri armati e appelli al popolo siriano per amplificare il movimento di protesta contro Assad.


Come era successo in Tunisia e in Egitto, i manifestanti in Siria sperano nelle divisioni all’interno dell’esercito, con soldati e ufficiali che si aderiscano alla loro causa. Uno scenario che però molti esperti geopolitici tendono a scartare.
Come ad esempio Rami Khoury, giornalista presso il Daily Star Lebanon, che ritiene poco probabile l’applicazione in Siria del modello tunisino ed egiziano, dove soldati e forze di sicurezza avevano abbandonato il presidente e ne avevano accelerato la caduta, mentre loro erano poi rimasti al potere. In Siria il sistema è diverso : sia il regime resta al potere senza apportare alcuna riforma, sia il regime viene rovesciato e con lui cade anche il potere dei militari, anche se questi sono passati dalla parte dei rivoltosi.

L’opinione di Khoury contrasta però con le voci che girano fra i blogger siriani, secondo i quali da due giorni sono in corso diserzioni nelle file dei militari mandati lunedì a Dera’a. Un’informazione che è stata riportata anche dal canale satellitare Al Jazeera.

(Fonte: Le Monde.fr)