Il 18 aprile scorso riportavamo la notizia “storica” del taglio, da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, dell’outlook (la previsione di tendenza) degli Stati Uniti da stabile a negativo.
In una nota S&P aveva spiegato che “il deterioramento dei conti pubblici americani deve far riflettere. Sicuramente nessun accordo significativo sul risanamento di questi conti è da attendersi dal presidente Obama e dal Congresso ma se la crescita del deficit non sarà messa sotto controllo, il profilo fiscale degli Stati Uniti potrebbe diventare molto più debole di quello delle altre grandi economie.”

Il 22 aprile il sito swissinfo.ch pubblicava un’interessante intervista a Cedric Till, professore di economia all’Istituto di studi internazionali di Ginevra chiedendogli di esprimere un parere sull’operato delle agenzie di rating statunitensi.
Nell’intervista Tille spiega che la manovra operata da S&P evidenzia le sfide a lungo termine con cui dovrà fare i conti l’economia americana. La situazione non è catastrofica, ma nondimeno vi saranno conseguenze assai negative se le autorità americane non riusciranno ad affrontare la questione con decisione.

Riguardo all’impatto della decisione, Tille precisa che quando la valutazione su un paese cambia, possono aumentare i tassi d’interesse sul suo debito. Gli investitori considerano il paese in questione più rischioso ed esitano prima di impiegarvi denaro.
Nel caso specifico degli Stati Uniti, il 18 aprile i mercati azionari avevano registrato una perdita del 2%, mentre i tassi d’interesse a corto termine sul debito americano non sono aumentati e per questo gli investitori considerano ancora interessante il debito americano.

Secondo Tille non è chiaro per quale motivo Standard & Poor’s abbia lanciato l’allarme solo in aprile e non prima. In estate il Congresso americano dibatterà in merito all’aumento del limite del debito e forse è stata quest’ulteriore preoccupazione ad aver spinto l’agenzia ad operare la sua manovra.