Ci risiamo ancora una volta. Dopo averci attaccato in vari modi (ricordate il paragone con Ali Baba e i 40 ladroni, il riferimento ai mafiosi ecc.?), il ministro italiano dell’economia, Giulio Tremonti, in occasione della riunione dell’Ecofin, ha preso nuovamente di mira la Svizzera, sparando parole pesanti e accuse di fuoco che rasentano l’insulto.

Sulla fiscalità, l’italico ministro sostiene “… che sia tema serio, che vuol essere trattato in modo serio e non in modo, come dire, svizzero”. Da che pulpito, signor ministro! Dal rappresentate di uno Stato che, solo per fare alcuni recenti esempi, non rispetta gli accordi di reciprocità in ambito economico fra i paesi e che si è dapprima letteralmente inginocchiato a baciare le mani insanguinate del dittatore libico, salvo poi, a distanza di pochi mesi, accordarsi con altri Stati per mandare i caccia a bombardare la Libia è tutto dire. Non voglio entrare sul tema degli accordi sulla fiscalità fra Svizzera ed UE, nei confronti del quale le parti interessate hanno evidentemente tutto il diritto di far valere le loro ragioni e le loro richieste.

Che un ministro difenda le posizioni e gli interessi del suo paese- tanto più se questo presenta conti pubblici fortemente deteriorati che potrebbero portarlo ad un passo dal baratro dell’insolvenza -, mi sembra scontato. Che il citato ministro sia indispettito per un probabile prossimo accordo fra la Svizzera e altri paesi come la Germania e la Gran Bretagna è affar suo e non ci riguarda .

Non è invece accettabile che lo stesso ministro attui la strategia dell’aggressione verbale sistematica nei confronti di un altro paese, come la Svizzera, con il quale il suo paese ha rapporti molto intensi, sia sul piano dell’interscambio commerciale, sia su quello culturale, sia su quello della circolazione delle persone (con i 50 mila frontalieri che lavorano nel Cantone Ticino e le migliaia di lavoratori attivi in tutta la Svizzera). Simili attacchi ci irritano e ci offendono, con il rischio che qualcuno mostri delle reazioni di insofferenza. Questa strategia, finalizzata a far pressione su Bruxelles, verosimilmente non scalfirà la posizione di chi ha maggiormente voce in capitolo, Germania e Francia in primis.
Al di là dell’obiettivo perseguito , non è però più giustificabile che i nostri consiglieri federali stiano persistentemente zitti senza reagire, lasciando il campo, mediatico soprattutto, alle paturnie e alle stizzite esternazioni del ministro italiano, che, è bene ricordare, ricoprendo un ruolo istituzionale, rappresenta dunque lo Stato . Le modalità nelle relazioni diplomatiche sono certamente cambiate (a Berna se ne sono accorti?), il tempo dei raffinati statisti concluso e il “gentlemen’s agreement” archiviato.

Lasciarsi attaccare a ripetizione, oltre a ledere la dignità di un paese, mostra il ventre molle di un Consiglio Federale che sembra non voler capire certe dinamiche, le nuove sfide e le problematiche di un Cantone come il Ticino. Su tutto questo, i nostri rappresentati a Berna e a Bellinzona non hanno proprio nulla da dire?

Iris Canonica
già deputata in Gran Consiglio