Artigiani locali penalizzati rispetto alla concorrenza estera: la risposta del Consiglio federale disattende ancora una volta il Ticino. È questa la tanto declamata attenzione alla realtà ticinese?

La consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, durante l’odierna ora delle domande al Consiglio nazionale, ha confermato la disposizione secondo cui gli artigiani stranieri non pagano l’IVA su lavori di valore inferiore ai 10’000 franchi.
Con questa decisione il Consiglio federale ha respinto la richiesta del consigliere nazionale Ignazio Cassis, che riprendeva l’interrogazione di Marco Passalia e Rinaldo Gobbi di abolire una simile soglia (“Artigiani locali penalizzati dall’IVA rispetto alla concorrenza estera”, interrogazione presentata il 23 maggio scorso).
Pur riconoscendo nella Legge concernente l’imposta sul valore aggiunto (LIVA) “uno svantaggio competitivo nelle zone transfrontaliere”, il Governo ha deciso di non modificare la norma perché l’imposizione generalizzata causerebbe “un onere amministrativo superiore al gettito fiscale”.

Il PPD ticinese, stupito dalla manifesta insensibilità, si chiede dove sia la tanto declamata attenzione del Consiglio federale nei confronti della realtà ticinese confinante con l’Italia. Ancora una volta il nostro Cantone e le sue problematiche vengono considerate marginali e misurate in “semplici” introiti fiscali.
Per il PPD, con queste dichiarazioni, il Consiglio federale non ha tenuto conto della particolare situazione del Ticino. In aggiunta sembra non esserci alcuna volontà di tutelare il mercato del lavoro locale. Infatti, nell’interrogazione Passalia-Gobbi summenzionata, si evidenzia come una parte del mancato pagamento dell’IVA crea delle distorsioni di prezzo nei settori dell’edilizia e dell’artigianato (stimabili solo per il Ticino a ca. 1.5 mio. di franchi), mentre dall’altra lo Stato si trova a non riscuotere delle imposte indirette.
Purtroppo il Consiglio federale conferma la bontà di questa disposizione senza fornire dati per i settori più toccati, quali il ramo delle metalcostruzioni, delle falegnamerie, della pittura, verniciatura, posa dei pavimenti e piastrelle, delle pavimentazioni stradali ecc.
Un’analisi più approfondita della questione avrebbe probabilmente consentito di quantificare la reale perdita finanziaria per il nostro cantone, anziché limitarsi ad interpretare il fenomeno dal profilo elvetico, dove l’incidenza è ovviamente relativa.
Ancora una volta Berna, confermando un’impostazione inadeguata della legge svizzera, manifesta una mancanza di attenzione e di sensibilità per i problemi del Ticino.