Un imponente sarcofago d’acciaio alto 60 metri viene calato in questi giorni sul reattore numero 1 della centrale nucleare di Fukushima Dai Ichi, in Giappone. Per motivi di sicurezza l’operazione viene condotta con gru robotizzate e comandate a distanza. All’interno di questo reattore le barre di combustibile nucleare si sono fuse e hanno depositato il materiale contaminato sul fondo.
L’intervento, piuttosto tardivo, mira – tramite filtri aspiranti – a liberare l’interno del reattore dall’aria inquinata, per permettere ai tecnici di restare all’interno del reattore per un tempo maggiore e poter procedere alla riparazione e al ripristino dei macchinari.
Se il sistema funzionerà, sarcofagi simili verranno posizionati sopra i reattori 3 e 4, altamente danneggiati dalle esplosioni di idrogeno dello scorso 11 marzo, quando un terremoto di magnitudo 9 aveva colpito il nord est del Giappone e uno tsunami aveva investito la centrale nucleare con onde alte sino a 15 metri.
In un raggio di 30 chilometri attorno a Fukushima non abita più nessuno. Tutti gli abitanti sono stati fatti evacuare e gran parte di loro alloggia ancora nei rifugi allestiti dalla protezione civile.
Nessuno può entrare nella zona evacuata tranne i circa 7’000 tecnici impegnati a turno dalla Tepco (Tokyo Electric Power Corporation) per cercare di riparare i danni all’impianto. Tutti loro sono sottoposti a livelli altissimi di radiazione.
Tre dei quattro reattori della centrale presentano perdite e in tutti si continua a iniettare acqua dall’oceano per raffreddare il combustibile. Prosegue al contempo l’emissione nell’aria di fluidi e gas radioattivi.
(Fonte: Corriere della Sera/Settimanale Sette)