Interessante intervento di Lino Terlizzi sull’edizione odierna del Corriere del Ticino, dove viene commentata la proposta socialista di legare temporaneamente il franco svizzero all’euro per salvaguardare l’economia svizzera.
“(…) La tensione rischia di prevalere, di far perdere la necessaria lucidità e di portare quindi ad analisi e proposte che non rappresentano risposte adeguate – scrive Terlizzi – Non c’è dubbio sul fatto che la moneta svizzera stia cominciando ad essere troppo forte, in particolare sull’euro e sul dollaro (…) Proposte come quelle di agganciare temporaneamente il franco all’euro, o di rispolverare i tassi negativi per rendere meno attraente la moneta elvetica, se applicate rischierebbero di creare guai ancora più grossi.
Con l’aggancio all’euro, di fatto la Banca nazionale svizzera perderebbe parte della sua autonomia e sarebbe nel caso costretta ad impiegare nuove risorse per mantenere il legame tra le due monete. Con i tassi negativi, ideati in epoche lontane, si entrerebbe in rotta di collisione con gli attuali assetti internazionali per quel che riguarda i movimenti di capitali e la gestione di patrimoni, con una perdita di credibilità per la piazza finanziaria svizzera che in futuro si potrebbe pagare salato.”
Terlizzi prosegue spiegando che “Il franco è moneta rifugio perchè vi sono incertezze a livello internazionale e perché il sistema Paese Svizzera, pur con problemi, va meglio di quanto molti avessero pronosticato.
Sul primo motivo la Svizzera da sola non può fare molto. Per quel che concerne il secondo, non è il caso di varare misure autolesionistiche per poter così poi affrontare, da condizioni di debolezza, il problema del franco forte.
Occorre invece tenere i nervi saldi, da una parte calcolando anche i benefici derivanti dal super franco (tra cui il minor costo dell’import per tutti e l’afflusso di capitali per la piazza finanziaria), dall’altro facendo ciascuno la propria parte: le imprese ottimizzando i movimenti valutari e continuando a puntare sulla qualità elvetica di beni e servizi; la mano pubblica preparandosi a sostenere con misure adeguate i settori che più di altri dovessero risentire degli effetti valutari e tenendo sempre d’occhio le tensioni sul mercato del lavoro; la Banca nazionale cercando di sfruttare ogni spazio che si dovesse creare, per frenare l’ascesa del franco, senza però tornare ad esborsi paragonabili a quelli che l’hanno costretta a chiudere in rosso i conti 2010.”
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