La morte per annegamento di quasi 200 persone che fuggivano dal Corno d’Africa, martedì nelle acque del Mar Rosso, ha portato alla ribalta la situazione drammatica della regione, che sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi 60 anni.


Il battello, carico all’inverosimile, che dal Sudan arrancava verso le coste dell’Arabia Saudita è naufragato dopo che a bordo era scoppiato un incendio. Al contempo, un tentativo di far imbarcare altre 250 persone per entrare illegalmente in Arabia Saudita è stato sventato dalle autorità.
I candidati alla pericolosa traversata sono soprattutto somali, eritrei e abitanti del Tchad, tutti in fuga da una regione dove imperversano violenza e siccità.

Il paese più colpito è la Somalia. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, oltre 750mila somali sono attualmente rifugiati in Kenia, Etiopia e Yemen. Dall’inizio di quest’anno sono 135mila ad aver seguito lo stesso tragitto.
Il motivo di questo esodo di massa è la siccità che riduce tutti alla fame e il caos che regna nel paese da almeno 20 anni. Questi due fattori stanno creando una tragedia umanitaria inimmaginabile, come hanno dichiarato martedì le Nazioni Unite.
La siccità nella regione del Corno d’Africa colpisce milioni di persone e da almeno 60 anni non se n’era vista una di tale portata.
Una catastrofe climatica provocata da due anni conseguenti di deboli piogge. Secondo il solito meccanismo la mancanza di precipitazioni ha ridotto il raccolto e questo ha fatto salire del 270% il costo dei cereali, rendendo critico l’accesso al cibo per la maggior parte della popolazione.

Abituati a veder ritornare ciclicamente i problemi legati a carestia e siccità malgrado i loro cospicui apporti in denaro, i donatori si fanno sempre più rari. I soldi mancano e le organizzazioni umanitarie si trovano in difficoltà.
Per far fronte all’emergenza alimentare in Somalia servirebbero almeno 530 milioni di dollari ma solo la metà è stata raccolta. Il che fa temere alti livelli di decessi fra la popolazione.