E’ passato circa un mese dall’attentato al palazzo presidenziale di Sanaa nel quale è rimasto gravemente ferito il presidente dello Yemen Ali Abdallah Saleh. Ricoverato in Arabia Saudita il 4 giugno, ha lasciato un paese in festa per la sua partenza ma bloccato nella difficile impasse politica iniziata a gennaio con le contestazioni popolari contro il suo regime.

Lo Yemen è senza notizie del suo presidente da oltre un mese. Non una sola volta Saleh si è fatto sentire via radio o in televisione per provare al suo popolo che malgrado sia stato ferito è ancora vivo e che nessuno deve pensare di usurpare il potere in sua assenza.
Una mancanza di notizie che aumenta le indiscrezioni. C’è chi crede sia morto, c’è chi pensa non sia per nulla ferito e che la sua era una fuga preparata con l’accordo di Stati Uniti ed Europa.

Dal 4 giugno la presidenza ad interim è assicurata dal vice presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, mentre l’opposizione reclama l’elezione in tempi brevi di un Consiglio che impedisca un eventuale ritorno di Saleh.
Prima dell’attentato del 3 giugno, il presidente aveva avuto un acceso diverbio con un emissario saudita, rifiutando di firmare l’accordo di transizione elaborato dal Consiglio di cooperazione dei paesi del Golfo, di cui l’Arabia Saudita è il capofila.
Il piano prevedeva la formazione, da parte dell’opposizione, di un governo di riconciliazione e le dimissioni entro un mese di Saleh. In cambio avrebbe avuto l’immunità per lui e la sua famiglia. L’elezione per un nuovo presidente si sarebbe tenuta nel giro di due mesi.

I paesi del Consiglio del Golfo continuano i negoziati con le parti per trovare al più presto una soluzione alla crisi yemenita. Stando a fonti politiche, una delle soluzioni prevede un periodo di governo provvisorio per due anni con i poteri nelle mani del vice presidente, in attesa delle elezioni presidenziali e legislative.
Questo permetterebbe di ridurre la tensione nel paese, dove il figlio maggiore di Saleh e il suo entourage continuano a controllare parte dell’esercito e delle forze di sicurezza.
Lo Yemen si trova in un’impasse politica e costituzionale – ha dichiarato martedì in un’intervista alla CNN il generale Ali Mohsen Al-Ahmar, figura di spicco dell’esercito e passato dalla parte dei contestatari – Reazioni negative potrebbero portarci alla guerra civile.”
L’analista saudita Anouar Eshki ritiene impossibile una tale eventualità, proprio per il peso strategico del paese per l’Arabia Saudita, che non vuole nuclei d’instabilità alla sua frontiera sud.
I paesi del Consiglio del Golfo cercheranno in ogni modo di evitare che una guerra interna divida lo Yemen. Senza dimenticare gli stretti legami che esistono fra i regnanti sauditi e i capi delle tribù yemenite.