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di Beat Kappeler, economista

La sociologia e la psicologia danno spiegazioni da almeno cento anni, esse demistificano il mondo della magia e dei miti. Ma se queste analisi portano alla luce diversità, differenze di genere, ineguaglianze, la tecnica sociale occidentale vi si getta sopra e raddrizza tutto, corregge, compensa la gioventù, la vecchiaia, il genere, gli immigranti, i melanconici, gli scolari deboli, i vagabondi, i drogati, i fumatori, i corpulenti, i dissidenti.

Lo Stato vi partecipa, paga, comanda, accorda ai professionisti degli interventi tecnico-sociali punti tariffari, poiché lo Stato e i politici hanno garantito i risultati, promesso l’uguaglianza del valore d’acquisto della moneta. Ciò mangia una somma enorme di denaro e non serve a nulla.
I valori devono essere «alternativi». Lo Stato promuove quasi ciecamente ciò che è alternativo, progressivo. Nell’arte già da 70 anni si offre alla cittadinanza l’«avanguardia». Sono pochi i cittadini che l’apprezzano, molti la seguono per paura di non essere moderni.
Ma c’è poco progresso fra gli autori dell’arte. Dai ritagli di giornale di Braque e Schwitters si è passati ora alla carta da imballaggio e pennarelli, ai cerotti su delle scale e ai tubi di riscaldamento pitturati.
Ma i «Glitterati» [dall’inglese brillare] non ammettono a nessun costo che l’imperatore sia nudo.
In fondo tutto questo appartiene al passato, anche se non tutti se ne sono ancora accorti. Grazie alla svolta imposta dalla minaccia del fallimento e dal punto di non ritorno keynesiano per tutte le questioni della società, si dovranno rivalorizzare i valori – farli tornare indietro.
Poiché anche per il risparmio, per la responsabilità individuale servono simboli e motivi, così com’è stato finora per il rilancio cinico, la creazione di domanda, la ridistribuzione. Oppure si prova senza tornare indietro e senza risparmiare – ma allora il collasso della cultura borghese imporrà valori ancora più robusti.

I fatti impongono già ora una svolta nelle leggi sul lavoro e sulla socialità della Spagna, Irlanda, Portogallo, Grecia, Inghilterra e ben presto degli USA e della Francia. Tutto sarà di nuovo in scala uno a uno, gestire l’economia significa lavorare e produrre, quanto si vuole e si può, il consumo non seguirà che dopo. Si crea capitale, non debiti; previdenza significa di nuovo prudenza, prevenzione del futuro e colui che deve essere protetto, protegge prima se stesso.

I libri scolastici faranno di nuovo sistematicamente piacere invece di essere per così dire ludici. Le scuole aspirano ad ottenere dei risultati invece di offrire avvenimenti. Ciò che non è uguale, resterà ineguale.
E la dura realtà: solo una tale società responsabile di se stessa, solida, chiara e alli¬neata in scala uno a uno alle vere necessità, potrà ricorrere ad una vera solidarietà. Ci si mette assieme, ci s’intende – anche attraverso i mercati, che in ogni modo sono uno dei migliori mezzi di comunicazione.

Si troveranno e si farà uso di forme di collaborazione in associazioni, nel vicinato, in nuove imprese e non si dovrà più farsi aiutare dall’anonima distribuzione di massa dello Stato funzionario. Prima dell’epoca della ridistribuzione la maggior parte degli europei vivevano in modo frugale ed erano assicurati aiutando se stessi in seno ai sindacati, alle Chiese, Associazioni, ditte. Solidarietà non significa che la metà delle economie domestiche versa soldi nella cassa centrale e che l’altra metà riscuote contributi.
La parola solidarietà viene dal latino «in solidum», da «totalità»: tutti assieme sono responsabili per il risultato voluto. Ognuno secondo le sue forze. Nessuno è solo vittima o solo colpevole. Tutti sono cittadini. Cittadini completi.

(Fonte: Discorso libero, 2/2011 – www.zeit-fragen.ch)