Zahi Hawass, l’egittologo più conosciuto al mondo, domenica sera è stato licenziato dalla carica di Segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie.
Il suo allontanamento è stato decretato dal primo ministro Essam Sharaf, nell’ambito di un rimpasto di governo per calmare i dimostranti di piazza Tahrir, che accusano i militari di aver approfittato della rivoluzione di febbraio per impadronirsi dell’Egitto.

Come riportano i media, e dai video che girano su Internet, mentre si allontanava dal ministero – dopo aver ricevuto il benservito – Hawass è stato fermato da decine di dimostranti inferociti, che hanno fermato, circondato ed assaltato l’auto su cui viaggiava. Hawass ha rischiato il linciaggio: se i manifestanti fossero riusciti a tirarlo fuori dall’abitacolo di lui sarebbe rimasta ben poca cosa.

La speranza dei suoi colleghi, in Egitto e in Occidente, è che sia riuscito a partire negli Stati Uniti, dove ha una figlia e svariati interessi economici.
Al suo posto è stato nominato Abdel Fattah el-Banna, un restauratore di opere d’arte che ha avuto soprattutto il merito di organizzare le proteste degli archeologi contro Hawass, che per le sue conoscenze e la sua influenza era un personaggio intoccabile, almeno sino a domenica scorsa.

I dimostranti di Piazza Tahrir e molti membri del nuovo governo egiziano lo considerano un sopravvissuto del regime dell’ex presidente Hosni Moubarak. L’archeologo ne aveva preso pubblicamente la difesa quando aveva dichiarato: “Credo che i giovani di Piazza Tahrir siano manovrati da qualcuno intenzionato a sfruttarli per ottenere il potere. Hanno già ricevuto tutto dal presidente Moubarak, che ha promesso di non ricandidarsi. Perché non si siedono al tavolo del negoziato offerto loro dal governo? Il presidente è uomo di parola.”
Fonti governative insinuano che nei giorni della rivolta Hawass avesse addirittura favorito il presunto furto di opere d’arte dal Museo Egizio del Cairo e in altri siti archeologici, organizzato probabilmente in accordo con la polizia per fomentare il caos e dimostrare che l’Egitto non poteva sopravvivere senza il regime di Moubarak.