Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/single.php on line 88

Chi ieri ha sentito il discorso del presidente Barack Obama ha sicuramente notato il suo tono seccato e perentorio, lo sguardo severo e l’aria tirata. Obama ha rimproverato l’agire delle agenzie di rating, affermando che non sono gli oracoli della finanza, né tantomeno hanno il diritto di definire l’affidabilità di uno Stato (frasi che manco si sentono quando ad essere colpite sono le nazioni e le banche europee).
Poi ha detto che malgrado il taglio ad AA+ del rating, gli Stati Uniti sono ancora a livello di AAA (massima affidabilità nella capacità di ripagare il debito.)
“Abbiamo le migliori università e i migliori scienziati – ha detto Obama – dai nostri istituti escono le invenzioni e le scoperte più innovative, abbiamo dirigenti che sanno fare il proprio lavoro e società che funzionano. Siamo ancora una nazione forte e affidabile e la tripla A ci è dovuta.”

Esternazioni d’orgoglio patrio che a Wall Street non hanno però fatto presa. Le pesanti vendite che lunedì hanno colpito il mercato statunitense hanno fatto crollare tutto quello che ancora non era crollato.
Il colosso bancario Bank of America ha segnato un -20%, un crollo che ricorda quanto era accaduto negli Stati Uniti nell’autunno del 2008, dopo il fallimento della banca Lehman Brothers.
Quella di ieri è stata una giornata nera anche per altri grandi istituti finanziari: Citigroup ha perso il 16%, JPMorgan Chase e Wells Fargo hanno segnato -9%.
L’indice Dow Jones ha chiuso a -5.55%, il Nasdaq ha perso il 6.9% e l’indice S&P ha segnato -6,66% (per la gioia di chi considera il 666 la cifra della Bestia….).

I motivi delle massicce vendite sono molteplici. Gli investitori incolpano le banche dei molti problemi economici e finanziari, delle frodi sui mutui immobiliari e di non aver fatto nulla per affrontare e risolvere i problemi che avevano portato alla crisi del 2008.
C’è inoltre l’attesa per nuove regolamentazioni da parte del governo di Washington e da parte degli enti internazionali. E’ dunque considerata inevitabile una nuova, grande recessione.