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La crisi del debito ha mostrato come agli Stati Uniti manchi una leadership forte. Barack Obama sembra sempre più incapace di ricoprire il ruolo di trascinatore di un’economia statunitense solida e indirizzata verso una stabilità durevole.

La prima settimana di agosto rimarrà negli annali come un episodio vergognoso, assurdo e inutile della storia degli Stati Uniti. Ha mostrato a che punto sono sbagliate le priorità dei dirigenti politici americani e quanto inetti sono i deputati al Congresso.
L’intero pianeta ha potuto seguire in diretta l’allucinante vicenda dell’innalzamento del debito statunitense. Una vicenda che ha suscitato timori ben al di fuori del territorio statunitense. Il disfunzionamento di Washington avrebbe creato disastri a livello mondiale? Questo ci si chiedeva, così come ci si chiedeva chi accidenti sta governando gli Stati Uniti.
Finalmente il 2 agosto si giunge ad un accordo e il massimo legale del debito è aumentato. Sollievo di brevissima durata, perchè due giorni dopo scoppia la crisi e i mercati mondiali crollano. Poi arriva l’agenzia di rating Standard & Poor’s che il 5 agosto, impietosa, taglia da AAA ad AA+ la nota degli Stati Uniti.
Ironico che questo declassamento venga fatto proprio dalla S&P, quell’agenzia diventata famosa per aver attribuito con perfetta incoscienza le tre A ad obbligazioni scadenti appoggiate a prestiti ipotecari a rischio, i famosi subprimes. Ma tant’è.
Ed ecco il presidente Obama insorgere sulle barricate per sostenere che l’agenzia ha dato un giudizio sbagliato, perché sbagliati sono i calcoli su cui lo ha appoggiato. E che gli Stati Uniti sono e restano una nazione da tripla A.
Il giorno dopo crolla la Borsa di New York e si trascina dietro le Borse asiatiche, europee e anche quelle dei paesi arabi. Da quel momento Obama scompare dalla circolazione. Si dice sia andato a Martha’s Vineyard a giocare a golf.

Il Washington Post commentava ieri questo stato di cose scrivendo “Anestetizzati da un dibattito profondamente ideologico, abbiamo perso di vista l’essenziale. Washington dovrebbe agire in collaborazione con le altre nazioni per creare l’impiego e rilanciare la crescita. Il governo deve concentrarsi sui problemi dell’alloggio e dell’indebitamento, deve aumentare il potere d’acquisto e moltiplicare gli investimenti pubblici.
Mentre gli altri paesi fanno affidamento su di noi per ravvivare la crescita e assumere il ruolo di leader, noi ci chiudiamo in un guscio creato dall’assurdo dogmatismo degli ultraconservatori.
Obama è cosciente della delusione di decine di milioni di persone che contavano su di lui per rivalutare l’immagine degli Stati Uniti? Sarà capace di porre dei limiti e di riprendere in mano l’iniziativa di fronte ai suoi tanti detrattori ? Il nostro paese ha ancora il potere e l’influenza sufficienti per far uscire i mercati dal marasma economico?
Obama deve delle risposte al paese, risposte importanti per il nostro futuro. Importanti anche per la sua rielezione alla presidenza, più di qualsiasi slogan, sondaggio o strategia elettorale.”