La crisi economica attuale mostra che lo Stato non riesce a gestire l’economia perché i politici troppo spesso seguono i principi del keynesianismo, scrive Urs Paul Engeler sul settimanale Die Weltwoche.
“Seguendo gli attuali apologisti dell’economista britannico John Maynard Keynes (1883-1946), gli Stati cosidetti provvidenziali hanno pompato troppi soldi (che non hanno mai avuto) nel consumo – si legge – Troppi soldi nelle pensioni per tutti (in Europa), in armamenti a costi esorbitanti (negli Stati Uniti), nelle industrie colpite dalla crisi (in entrambi) e recentemente nel salvataggio degli istituti bancari ipotecari in difficoltà (in entrambi anche in questo caso).
I seguaci di Keynes hanno ineggiato a questi interventi come “al ritorno della politica” ma in realtà i paesi disperatamente indebitati hanno rafforzato la crisi e oggi rappresentano zone ad alto rischio di insicurezza.
Chiunque faccia appello allo Stato e predichi la messa a disposizione di fondi, le sovvenzioni e l’intervenzionismo fa appello alla perennità dell’economia del debito e contribuisce a far girare la ruota nel senso sbagliato.”
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