I ribelli libici sembravano indeboliti e malgrado il supporto dei raid aerei della Nato incapaci di avere la meglio sulle truppe di Gheddafi.
Poi giovedì vi è stato un improvviso rientro in battaglia e in meno di 48 ore l’entrata vittoriosa a Tripoli. Un risvolto della situazione che non ha mancato di suscitare interrogativi.

Nel corso delle ultime settimane, le divisioni interne al neo costituito Comitato nazionale di transizione e l’uccisione, il 28 luglio, del capo dei ribelli, il generale Abdel Fatah Younès facevano pensare ad un indebolimento degli insorti e la presa di Tripoli, con la conseguente caduta di Gheddafi, sembrava sempre più lontana.
Decisi ad ottenere un supporto più consistente dall’Europa, a luglio diversi capi militari ribelli della città di Misratah avevano portato a Nicolas Sarkozy la richiesta di maggiori mezzi militari.
La Francia aveva già consegnato delle armi ai gruppi di rivoltosi di Djebel Nefoussa, la catena di montagne al confine tra Libia e Tunisia. L’Eliseo aveva nuovamente concesso il suo aiuto e questo è senz’altro stato decisivo per l’accelerazione dell’avanzata sino a Tripoli.

Anche i negoziati sull’isola di Djerba, in Tunisia, fra i rappresentanti del regime e del Comitato nazionale di transizione hanno avuto un ruolo importante.
Se in 48 ore i ribelli sono riusciti ad entrare a Tripoli è perché qualcuno ha dato loro il permesso di farlo. Questo permesso potrebbe essere stato negoziato durante gli incontri di Djerba.

Intanto prosegue il mistero sul luogo in cui si troverebbe Gheddafi. Dalla metà di giugno non è più apparso in televisione. Tutti i suoi messaggi li ha trasmessi via telefono da una località sconosciuta, alimentando così le voci secondo le quali si troverebbe in Tunisia oppure in Algeria.
L’ex presidente croato Stipe Mesic assicura di aver avuto un colloquio con lui settimana scorsa e il colonnello gli avrebbe assicurato che è pronto a ritirarsi dalla scena del paese a condizione della fine dei raid aerei della Nato.
Domenica scorsa il canale satellitare al Jazeera aveva confermato la presenza all’aeroporto di Tripoli di due aerei provenienti dall’estero, il che aveva fatto pensare che Gheddafi si preparava a lasciare il paese con la sua famiglia.
Il figlio Saif al Islam, apparso in televisione questa notte per mostrare che non era stato catturato dai ribelli, assicura che suo padre è ancora a Tripoli.
Abdessalam Jalloud, ex numero due del regime che si trova attualmente rifugiato in Italia, assicura che Gheddafi si trova ancora nella sua residenza.
La diplomazia occidentale gli aveva proposto di lasciare Tripoli sottostando a determinate condizioni, ma visto che aveva sempre rifiutato, una sua partenza non è più considerata. A Gheddafi rimane la prigione oppure la morte.

Sullo sfondo di tutte queste dichiarazioni, a Tripoli si combatte ancora, soprattutto nella zona attorno al quartiere generale di Gheddafi. I ribelli stanno incontrando più difficoltà di quelle che avevano messo in conto.
I soldati che ancora sono schierati dalla parte del regime sono numerosi e combattono strenuamente per difendere la residenza del colonnello.
Le immagini del canale televisivo al Jazeera mostrano il fumo delle esplosioni in diversi punti della capitale. Da sabato, da quando è iniziata la battaglia di Tripoli, le vittime nella capitale si contano a migliaia.