Le stragi norvegesi di Oslo e dell’isola di Utoya hanno sconvolto il mondo intero per il pesante tributo di vite umane, per le efferate modalità con le quali sono state effettuate e per il contesto in cui sono avvenute, innescando un dibattito a largo raggio sulla genesi, sulle cause e sulle responsabilità di una tragedia che sarebbe potuta accadere in molti altri paesi e che, anche per questo, ci coinvolge tutti indistintamente.

Subito dopo la tragedia, era stata paventata anche la possibilità di una pista islamica, poi accantonata con l’arresto del reale colpevole. E a questo punto si sono aperte le cateratte del cielo, con una pioggia di interpretazioni, alcune delle quali assai strumentali.
C’è chi ha voluto, a tutti i costi, legare l’azione dell’autore delle stragi -che ha agito individualmente- ad una precisa ideologia (di destra, populista e via discorrendo con il florilegio di etichette a buon mercato), creando una sorta di legame causale fra il delirio dell’autore e alcune aree politiche, ritenute pertanto quasi “corresponsabili”, quindi censurabili e da combattere.
Questa logica è assai pericolosa, poiché sembra mirare a deresponsabilizzare, almeno parzialmente, l’autore materiale del gesto (che non ha operato a nome di un gruppo), assegnando invece delle responsabilità collettive (morali?) ad altri soggetti (partiti, gruppi), con una finalità politica spesso assai chiara, ossia quella di demonizzare, per combattere e abbattere, l’avversario e il nemico politico.

Non è una logica nuova e in un passato anche recente è stata utilizzata (a destra, ma soprattutto a sinistra) a più riprese, principalmente a scopi elettorali, ma non solo.
A sostenere, almeno per certi aspetti, questa relazione causale è intervento negli scorsi giorni anche l’ex consigliere di Stato Pietro Martinelli, che ha puntato il dito contro i presunti ispiratori (i “cattivi maestri”) della mattanza, affermando che quell’azione non può essere liquidata come un gesto individuale, poiché risponde ad una “logica non individuale”.

È un’interpretazione che mi disturba e che non condivido in alcun modo, poiché rischia di aprire la porta all’arbitrio e alla strumentalizzazione in molti ambiti (anche a quello della criminalità comune, per intenderci, poiché anch’essa potrebbe rispondere a logiche non individuali).
E allora cosa bisognerebbe fare per rispondere a questa “logica non individuale”, foriera di tanto male?
Zittire magari l’avversario politico? Misconoscere i problemi legati ai flussi migratori e alla loro integrazione, all’impoverimento di certe fasce urbane? Vietare la parola ai vari Borghezio e Le Pen? Fare finta, sempre in nome del sommo dogma del “politicamente corretto”, che il multiculturalismo (ossia un sistema volto a governare pluralità etniche e confessionali senza un preciso collante) non sia fallito, così come hanno dovuto mestamente ammettere premier quali Angela Merkel e David Cameron?
Qui ci muoviamo su un terreno friabile, dai confini instabili, perché è facile capire che se fosse generalizzata e rafforzata, ancor più di quanto già non lo sia, la risposta alla “logica non individuale” – abbracciata anche da molti media -, allora sì che i principi di libertà e di responsabilità individuali, oltre che di tolleranza, che hanno retto l’Occidente negli ultimi 200 anni, verrebbero meno e andrebbero semplicemente a ramengo.

Se taluni partiti politici, in nome di una loro incancrenita ideologia, non vogliono e non sono più in grado di leggere la realtà per quella che è e, rispondendo magari a qualche antico richiamo della foresta, intendono continuare nel loro vecchio percorso, facciano pure: abbiano però almeno la compiacenza e la dignità di evitare di utilizzare certe tragedie ai loro scopi.

Esistono precise responsabilità individuali e sussistono altri tipi di responsabilità (Al Qaeda, organizzazione con diramazioni in molti paesi e con lo scopo anche di attaccare l’Occidente, non può essere messa sullo stesso piano del norvegese Breivik come ha tentato di fare qualcuno). Voler confondere questi ambiti, spesso a fini davvero poco nobili, non va bene e, soprattutto, non è giusto. Prendiamone atto.

Iris Canonica
già deputata in Gran Consiglio