Lunedì sera sono iniziate al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite di New York le consultazioni del Consiglio di Sicurezza sulla richiesta di adesione della Palestina.

La posta in gioco e la proverbiale lentezza che alle Nazioni Unite è la prassi fanno pensare che non si tratterà di una decisione in tempi brevi o che addirittura verrà presa.
Esasperati dalla prospettiva del veto statunitense, i palestinesi sanno bene come le possibilità di successo siano magre.
Oltre all’ostacolo del veto, non c’è nemmeno la garanzia di avere i nove voti favorevoli, i quali potrebbero rendere possibile l’aggiramento dell’ostruzionismo americano.

Cosciente di questa situazione, la delegazione palestinese ha fatto sapere che nel caso di ostruzionismo o di un ritardo ingiustificato nel prendere una decisione, si rivolgerà direttamente all’Assemblea generale, dove sa di poter contare su una larga maggioranza per ottenere lo statuto intermediario di Stato osservatore.
Sabato, da Ramallah Azzam al-Ahmad, deputato di Fatah, il partito del presidente Mahmoud Abbas, ha dichiarato che il Consiglio di Sicurezza ha due settimane di tempo per decidere.

Cosa fanno i palestinesi mentre aspettano la decisione? Portano avanti negoziati con tre membri dei 15 che compongono il Consiglio di Sicurezza: Bosnia Herzegovina, Gabon e Nigeria, paesi piuttosto favorevoli all’adesione ma sottoposti alla pressione di Israele (che non è membro di questo Consiglio) e degli Stati Uniti.
Decisi a evitare di dover ricorrere al veto, che li metterebbe in una posizione di imbarazzo di fronte ai paesi arabi, Gli Stati Uniti sperano in un numero di astensioni tale da annullare la procedura di voto.

Sui 15 paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza, due si sono già allineati al No americano: Colombia e Germania.
Sette paesi hanno già fatto sapere che voteranno a favore dell’adesione della Palestina: la Cina, la Russia, il Brasile, l’India, il Libano, la Nigeria e l’Africa del Sud.

Rimangono la Francia, la Gran Bretagna, il Portogallo, la Bosnia Herzegovina e il Gabon. Sul loro voto pesano alleanze e le solite pressioni diplomatiche.
Nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU tutto è questione di potere, è risaputo. Stati Uniti e Gran Bretagna possono influenzare gli altri paesi.
Le nazioni che sostengono la Palestina sono relativamente deboli ed è possibile che la pressione dei due “giganti” trasformi le loro intenzioni favorevoli in voti contrari.