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Prosegue la moda del Mea-Culpa-Per-Le-Colpe-Degli-Altri, comoda soluzione per scaricare gli addebiti ed uscirne lustri come padelle nuove.

I figli portano le colpe dei padri? No, secondo alcuni e sì secondo altri. Fra questi altri, gli ultimi a far notizia sono i due nipoti miliardari di Gunther Quandt, fondatore di un’impero industriale che oggi include la casa automobilistica tedesca BMW e che morì al Cairo nel 1954, all’età di 73 anni.
In un “esercizio di apertura e trasparenza” atto forse a chiudere un qualche karma, Stefan Quandt e la sorella Susanne Klatten (lei era balzata agli onori della cronaca rosa qualche anno fa per una storia con un gigolò molto interessato al suo patrimonio e molto poco alla sua reputazione) si sono detti dispiaciuti e colmi di vergogna per le simpatie che l’avo Gunther aveva per il regime nazista.

Chiamarle simpatie per il regime nazista è un eufemismo. Nel 1937 Hitler lo aveva nominato Wehrwirtschaftsführer, un titolo dato agli industriali il cui ruolo era determinante nell’economia di guerra nazista. Le fabbriche di Quandt a Berlino, Hannover e Vienna fornivano infatti all’esercito munizioni, fucili, pezzi di artiglieria e batterie.
Secondo lo storico Ralf Blank, la manodopera era costituita da migliaia di prigionieri di guerra e di ebrei prelevati ai campi di concentramento. Lavoratori forzati, sottoposti a ritmi disumani e non pochi erano quelli che morivano di sfinimento e di stenti. Quandt si sarebbe inoltre appropriato di aziende nelle regioni occupate dai nazisti.
Le prime insistenti voci sul collegamento fra l’industriale e il regime di Hitler erano emerse nel 2007, quando la TV tedesca aveva mandato in onda il documentario “Nel silenzio dei Quandts” prodotto da Eric Friedler e Barbara Siebert. Vi si raccontavano le origini di questa famiglia, l’origine della loro immensa ricchezza e il loro stretto legame con gli ambienti nazisti.

Stefan Quandt e Susanne Klatten pensavano forse che questo passato gravasse pesantemente sull’anima di Gunther Quandt. Così, forse, nell’eventualità che questo peso si fosse esteso anche a loro, ecco che hanno pubblicamente espresso pentimento e vergogna.
Questa potrebbe essere una spiegazione. Oppure si potrebbe pensare che gli azionisti della BMW sono in maggioranza ebrei e questa auto-flagellazione pubblica è stata imposta.
In ogni caso è difficile capire perchè vi sono persone che credono sia di una qualche reale utilità scusarsi per le azioni compiute da qualcun altro.

Prima dei due eredi di Gunther Quandt, a passare da un simile esercizio purificatore era stata la casa Hugo Boss, che aveva deciso di liberarsi dal peso del passato nazista del suo fondatore, Hugo Ferdinand Boss.
Che Boss avesse sostenuto Adolf Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale era risaputo ma negli anni il gruppo tedesco aveva sempre dichiarato che si era trattato di un appoggio teso a proteggere l’azienda e chi vi lavorava.
Questa era stata la versione sino a quando la casa di moda aveva deciso di cambiare politica e aveva commissionato allo scrittore Roman Koester un libro sulle attività di Boss negli anni ’40.
Ne era uscito un quadro ben diverso. Non solo Hugo Ferdinand Boss era un fervente nazista, ma negli anni della guerra aveva – pure lui – sfruttato nelle sue fabbriche prigionieri di guerra francesi e polacchi.