Germano Mattei, candidato di MontagnaViva al Consiglio degli Stati e al Consiglio Nazionale si esprime in vista delle elezioni federali del 23 ottobre.
Ticinolive: Cosa spinge una formazione politica di recente creazione a puntare alle Camere federali?
Germano Mattei: Sono passati alcuni mesi dall’eccezionale risultato elettorale che il 10 aprile ci ha premiati con 11’545 voti personali. Nessuno si attendeva un tale exploit e la sua portata ci ha convinti dell’importanza dei temi di cui ci siamo fatti portatori: una piattaforma politica “Montagna” diversa per la sua difesa attiva.
MontagnaViva ha quindi deciso di continuare a promuovere attivamente i temi vicini alle nostre realtà montane e periferiche presentandosi alle Elezioni Federali 2011. Per l’occasione, abbiamo concepito anche un nuovo sito Internet: www.montagnaviva.info
TL: Dovendo scegliere, meglio un seggio in Consiglio Nazionale o nel Consiglio degli Stati?
GM: “Troppa grazia San Antonio” si dice. Non credo di arrivare a un seggio, per noi fondamentale è aver fatto riprendere a far parlare della Montagna e di tutto quel che gli ruota attorno: in primis i posti di lavoro e la “fuga dei cervelli”.
Certo se dovessi scegliere l’opzione sarebbe “Consiglio degli Stati”. Dagli amici che conosco e che vi siedono apprendo che si può fare un lavoro più incisivo e diretto in questa Camera.
TL: Quale politico ticinese a Berna cosa proporrebbe a vantaggio del Ticino?
GM: Rispetto, considerazione per la nostra realtà periferica e promovimento della nostra italianità. Un decreto urgente a sostegno della Montagna e delle zone periferiche (in applicazione dell’art. 103 “politica strutturale” della Costituzione federale). Infine cercare di sfatare il mito che colà pensano sempre che tanto noi siamo gente in vacanza. L’idea immagine della Sonnenstübe non è ancora sopita.
TL: L’attuale situazione di crisi nel nostro paese rivela tragicamente il problema dei cartelli. Se verrà eletto sarà in grado di fare promesse in materia ai suoi elettori?
GM: Personalmente non faccio parte di alcun cartello. Non si possono promettere cose che non si sanno ancora come trattare. Tuttavia i cartelli vanno combattuti e controllati. Specialmente quelli che marginalizzano ancor più chi è già al lembo della società, siano essi cittadine e cittadini o siano regioni come quella del nostro cantone, le regioni di montagna e le periferie.
TL: Chiusura – per lavori di risanamento – della galleria autostradale del San Gottardo. Quale la sua posizione nella discussione attorno a questo tema?
GM: È ben chiaro che il sud delle Alpi e segnatamente il Ticino non possono essere “tagliati/emarginati” dal Nord per almeno tre anni. Assurdo e insultante semplicemente proporlo come è stato fatto. Solo pensarlo è un’azione più grave che la stessa chiusura. Il raddoppio del tunnel del Gottardo sarebbe una soluzione valevole e praticabile, anche per garantire la sicurezza dell’utenza dell’attuale pericoloso e assillante collegamento tra Nord e Sud.
TL: La Svizzera si appresta a uscire definitivamente dal nucleare. Decisione legittima o frutto delle emozioni scatenate dal disastro giapponese?
GM: Un po’ le due. Certo che il nucleare non ha futuro, le riserve di uranio sono limitate, soluzioni serie per le scorie non si trovano, se non all’estero: ripiego non serio né responsabile. Già oggi si usa “uranio” riciclato, ancor più pericoloso di quello normale! Tuttavia la serietà di chi è rigidamente contro questa tecnologia non è molto affidabile e sa del “politichese”: parlano di centrali nucleari e dimenticano che in Svizzera abbiamo due dei più importanti centri di ricerca al mondo in ambiente nucleare: il Paul Scherrer Institut PSI di Willigen e il CERN a Ginevra. Che ne facciamo? Smantelliamo anche questi Centri? Su due passi è impossibile rinunciare a questa energia, anche se pericolosa in caso di catastrofici eventi: copre il 30 % dell’energia necessaria a far giare il Paese. Nemmeno con il più grande impegno riusciamo a sostituirla a breve. La gente non rinuncia a usare energia elettrica, anzi le esigenze aumentano e aumenteranno nel tempo. È il discorso del gatto che si morde la coda!
MontagnaViva, oltre che ottimizzare l’idroelettrico, propone concretamente di usare le foreste per produrre energia elettrica, appunto utilizzando gli investimenti previsti per le nuove centrali (7/8 miliardi per installazione) e di quelli per il loro adeguamento. Sviluppare una piattaforma politica e d’implemento pratico per lo sfruttamento generale dei boschi che sono in continua evoluzione, biomassa neutra di CO2 e rigenerabile. Si creeranno così centinaia di posti di lavoro nelle regioni periferiche e di montagna, nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, per le infrastrutturazioni necessarie degli accessi, sviluppo di nuovi metodi di sfruttamento e per il sostegno dei proprietari per l’abbattimento dei costi per lo sfruttamento di foreste in condizioni difficili.
TL: Quale soluzione per arginare i problemi derivanti dal franco forte?
GM: MontagnaViva sostiene che bisogna avvantaggiare l’acquisto nel nostro paese, il chilometro zero, sostenere i prodotti acquistando dal produttore, per esempio in montagna, nelle valli e in periferia. Si staccano migliori prezzi sostenendo l’economia locale, indotto che resta in loco per noi e con noi.
Tuttavia un franco su due in Svizzera è guadagnato all’estero. Quindi si deve sostenere con misure mirate e precise l’esportazione e la formazione d’inventari di materie prime acquistate all’estero a prezzi concorrenziali (riserva di materie prime per il rilancio). Idem per il turismo sostenere la differenza di cambio con sgravi fiscali o aiuti diretti agli operatori. Sono investimenti che portano infine indotto e che tutti speriamo siano limitati nel tempo. Con benefici di 2 / 3 miliardi all’anno nei conti federali vi è uno spazio per queste misure. Certo che il gioco attuale è ridicolo: propongono due miliardi a casaccio, ne confermano 850 mio non molto mirati né chiari nell’elargizione. Credo che il franco forte sia causa anche di una certa confusione politica attuale: tutti hanno paura di tutti! Anche un’economia cresciuta all’inverosimile e l’euforia della corsa alla crescita continua dei PIN non sono di aiuto e vanno ripensati: una pentola quando è piena trabocca e poi nasce il disastro, specialmente se è acqua o olio bollente!
TL: Quale la sua proposta nella tematica “problematiche con l’Italia”, ossia libera circolazione e accordi fiscali?
GM: Non possiamo dimenticare che siamo volenti o nolenti regione di frontiera. Non possiamo chiuderci in un guscio. È gioco forza discutere e trattare con i nostri vicini le migliori soluzioni possibili adatte alla nostra realtà, a difesa e sviluppo dei nostri interessi.
Se non si vuole aderire all’EU – oggi poco affidabile e molto problematica anche per un europeista convinto – la via obbligata è quella dei bilaterali. Strada imboccata e che ha dato sicuramente più positività che ricadute negative. Molto di quanto previsto con questi accordi è sfruttato – in particolare la libera circolazione delle persone – per far paura alla gente a fini populistici da parte di movimenti e partiti poco responsabili, se non per il “domo meo” o il “dividi e impera” o il “gridare” i problemi. Libera circolazione delle persone sì, per la gente onesta e per coloro che desiderano lavorare e operare in concreto. Gli accordi di Schengen vanno rivisti per tutti quelli che vogliono solo approfittare della libera circolazione. La fiscalità reciproca con l’Italia va ridiscussa in tempi brevi ed è grave che i nostri politici non si sono attivati prima. Da risolvere il problema dei “padroncini”, la loro tassazione sia diretta che indiretta, tipo IVA e oneri sociali. Ad aprile avevamo proposto il pagamento di una cauzione adeguata all’entrata in Svizzera: un’imposta prepagata insomma! Si discute troppo e poche sono le azioni concrete e tangibili.