La questione della religione nella politica della Libia post-Gheddafi è balzata agli onori della cronaca domenica 23 ottobre, quando il presidente ad interim del paese, Moustapha Abdeljalil, ha detto che la Libia sarà uno Stato islamico e che la legge islamica, la Sharia, ne ispirerà la Costituzione.

Un discorso che si distanzia notevolmente dai precedenti, quando ancora Gheddafi era in vita e l’esito della battaglia di liberazione ancora era incerto. Però tra la popolazione nessuno sembra farci troppo caso e anzi, i libici sembrano soddisfatti da queste dichiarazioni.
Ad essere preoccupati sono invece gli osservatori esteri, i quali si chiedono – pensando anche all’esito del voto in Tunisia (dove a vincere sono gli islamisti di Ennahda) se le rivolte del mondo arabo porteranno tutte alla costituzione di Stati islamici.
La stessa preoccupazione dilaga fra i governi di quei paesi che hanno costituito la forza Nato in Libia: “Ci siamo sbagliati? – si staranno chiedendo – Per questo abbiamo aiutato i libici a far cadere Muammar Gheddafi? Per dare il potere a una giustizia che lapida le donne adultere e ai ladri taglia la mano destra?”

Non sorprende che la Libia voglia dirigersi verso una stretta osservanza dei precetti dell’Islam. Dopotutto, la maggioranza della popolazione si compone di musulmani ultra conservatori.
Quello che invece può sorprendere è che Moustapha Abdeljalil, un leader della rivoluzione auto nominatosi presidente ad interim del paese, proclami – senza valutare di passare attraverso un voto popolare – l’istituzione della legge islamica nel paese e il ritorno alla poligamia.

Nicolas Sarkozy e Moustapha Abdeljalil a Tripoli, il 15 settembre 2011.