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Michele Moor, ingegnere, socio della Wegelin & Co. Banchieri Privati e direttore della sede luganese, politico (ex PPD) e candidato nel 2007 (giunse terzo) al Consiglio Nazionale. Ticinolive ha il piacere di ospitarlo in una nuova e interessante intervista di Francesco De Maria.

Francesco De Maria: Ingegner Moor, da dove viene la sua passione per la politica?

Michele Moor: Ogni cittadino dovrebbe interessarsi di politica, perché essa sta alla base del buon funzionamento dello Stato, che è nell’interesse di tutti. Ognuno, a seconda delle sue possibilità, deve poi valutare se sia anche il caso di dedicare tempo ed energia alla politica.

FDM: Ha lasciato nella scorsa primavera il PPD. Come si chiama il suo nuovo partito?

MM: Per partecipare alla vita politica di un paese non è necessario appartenere ad un partito, perlomeno se non si vuole partecipare in modo attivo.

FDM: Dopo la sua mossa, che ha motivato con un’ampia e articolata presa di posizione, tutti si aspettavano di vederla in lizza – da qualche parte, ma le possibilità non erano mille – per le Federali. All’atto pratico di Michele Moor nessuna traccia. Cosa è successo?

MM: Ho evidentemente avuto dei contatti con altri partiti, ma nessuno mi ha convinto. Per me fare politica in modo attivo significa fare un servizio per il Paese. In questa ottica non ho nulla da guadagnare, ma solo da perdere. Non che la cosa mi spaventi, ma ho una famiglia, una professione e uno sport ai quali tengo molto: le proposte ricevute non erano tali da indurmi a partecipare.

FDM: Alla fine il presidente Pierre Rusconi è riuscito… a diventare un uomo felice. L’UDC “alle Federali” è andata molto, molto meglio dell’UDC “alle Cantonali” e la Lega questa volta non li ha “fregati”. Gli scettici sono serviti. Per la destra cantonale l’obiettivo massimo si riassumeva nel numero quattro: tre consiglieri nazionali e un consigliere agli Stati. Quanto siamo distanti dall’en plein?

MM: Oggettivamente non penso che l’amico Sergio Morisoli ce la possa fare. Mi spiace, perché mi piacciono molto le sue idee, molto profilate, ma proprio per questo poco apprezzate da molti elettori. Soprattutto la difesa incondizionata di certi nostri valori, come quelli cristiani, non trova purtroppo tutti consenzienti.

FDM: E come immagina gli approcci e le trattative tra i potentati politici per ottenere l’ambito successo?

MM: Come ben spiega Giuliano Bignasca, l’unica via percorribile è quella di un ticket Lombardi-Morisoli, che pur dovrebbe piacere molto al PPD. Ma si chiama PPD e non PDC ed ha vergogna di difendere e rappresentare in modo esplicito i valori cristiani. Ricordo bene come quattro anni fa ero il solo della lista a farlo!

FDM: La Destra può sperare nel presidente Giovanni Jelmini?

MM: Giovanni Jelmini rimane per me il migliore dei presidenti di partito ticinesi. Lo considero un politico abile e raffinato. Non sono però convinto che abbia un particolare interesse a prestarsi a giochi che non siano indispensabili, anche perché penso che Filippo Lombardi sarà rieletto senza difficoltà.

FDM: La questione centrale di quest’anno è il destino del PLRT. La primavera ha parlato, duramente. Ora ha parlato anche l’autunno. Possiamo affermare (questa sembra l’opinione del presidente Walter Gianora) che il PLRT ha “limitato i danni”?

MM: Dopo ogni elezione tutti affermano regolarmente di aver in qualche modo vinto. Non so cosa debba ancora succedere per far capire al PLRT che ha sbagliato e sbaglia quasi ogni mossa…

FDM: Per 58 miracolosi voti il presidente nazionale PLR Fulvio Pelli è stato “salvato”. Gli è stata risparmiata una grave umiliazione. Ma si ha oggi l’impressione che nel partito tutti si attendano, a breve, un cambiamento.

MM: Ritengo invece che sia stato umiliato eccome. Dover aspettare, come presidente nazionale, l’ultimo comune per sapere se si è rieletto, mi sembra una grande umiliazione. Per diversi motivi anche meritata: la sua presidenza di Banca Stato, per esempio, è scandalosa: qualsiasi altra persona avrebbe già da tempo dovuto dare le dimissioni.

FDM: Il partito liberale-radicale potrà recuperare l’antico assetto equilibrato e vincente, che gli consentì di guidare con forza il Paese per molti decenni, oppure la mutazione è da considerarsi irreversibile?

MM: No, il suo declino, come probabilmente quello del PDC e del PS, è irreversibile.

FDM: Qual è il futuro delle forze liberali? A un partito Liberale, del quale talvolta si parla all’ora del thè, sembrano credere in pochi. Se io dico “Michele Moor è un liberale” dico una cosa giusta o sbagliata?

MM: Certo che sono un liberale, soprattutto economicamente. Ma come credente nel confronto tra Stato e Mercato penso prima all’essere umano e allo Stato e al Mercato solo al suo servizio.

FDM: Giudichi infine la performance del suo ex partito e si esprima sull’eletto Fabio Regazzi e i semi-eletti Marco Romano e Monica Duca Widmer. Non le viene mai un piccolo pensiero corrosivo: potevo esserci anch’io?

MM: Ammesso e non concesso che il PPD mi avrebbe rimesso in lista, la scelta di non esserci è stata mia. Non mi sono pentito un solo momento di non aver partecipato a questa campagna. Anzi, ringrazio mia moglie, che mi ha aiutato a decidere di non più partecipare attivamente alla vita politica.
Marco Romano ha comunque vinto e Monica Duca Widmer ha comunque perso.

Marco Romano ha vinto perché, svolgendo con impegno e umiltà il lavoro di segretario cantonale, ha conquistato le simpatie dei cittadini ottenendo il secondo miglior risultato sulla lista del PPD.
Monica Duca Widmer ha perso perché, malgrado le cariche e i mandati – molti dei quali rivestiti opportunisticamente solo per riuscire a diventare Consigliere Nazionale – ha raggiunto a malapena il medesimo risultato.

Considerato come la politica di Monica Duca Widmer sia incentrata su idee in parte ambigue e spesso anacronistiche, ad esempio per ciò che riguarda la parità di diritti uomo-donna (ove propone le idee di un femminismo sorpassato come le quote rosa, un vero e proprio insulto alle donne) sarebbe bello se la dirigenza del partito, invece di discutere se sia meglio ricontare le schede o tirare a sorte, la convincesse a rinunciare al mandato in favore di Marco Romano.
Contribuirebbe così a ringiovanire il PPD, inviando finalmente a Berna un rappresentante di quei giovani che troppo spesso hanno solo contribuito a raccogliere voti che hanno poi aiutato candidati presenti sulla scena politica da anni, che in fin dei conti più nessuno vuole.

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