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Oggi l’ospite di Ticinolive è un caro amico, Francesco Magistra.
51 anni, residente a Muralto, sposato e padre di cinque figli, economista di vasta esperienza, consulente finanziario dapprima quale collaboratore di UBS e poi come indipendente a livello internazionale. Proprio in questi giorni balzato agli onori della cronaca per essersi aggiudicato, all’asta della Sezione della circolazione di Camorino, la targa numero 10, per la cifra record di 135mila franchi.

Ticinolive: Francesco, la tua esperienza nel mondo della finanza è decennale e vasta. Parlane brevemente.
Francesco Magistra: La mia disponibilità e una facilità nell’apprendimento delle lingue mi hanno portato molto lontano dal Ticino per esperienze professionali di grande interesse. E’ proprio forse la lontananza dalle comodità di cui godiamo in Svizzera che mi ha spinto a una formazione di tipo autodidatta, arricchita da un grande numero di corsi e assistenza a conferenze sempre quando fosse possibile.
Nel campo degli investimenti ho imparato molto dai bei libri di Kostolany; la macroeconomia l’ho capita in Perù, dove ho vissuto tre anni di guerra civile e l’inflazione del 8000% all’anno: i biglietti di banca di taglio maggiore erano di 5 al mio arrivo e di 10 milioni alla mia partenza. La costante esposizione al mondo “reale” (industria e commercio) mi ha senz’altro favorito.

TL: Senza dimenticare la collaborazione con importanti testate giornalistiche.
FM: Per molti anni ho pubblicato una newsletter bimensile in spagnolo e inglese e in base a questa ero stato invitato a dare il mio contributo ai due giornali più importanti di Argentina e del Perù. E’ stato un grande impegno che ha avuto però il pregio di obbligarmi a riflettere ancora di più sulle cose perché un economista deve poter difendere i propri punti di vista anche in un futuro, quando magari gli avvenimenti si sono distaccati da quanto pronosticato.

TL: Come è cambiato, in questi anni, il mondo della finanza? Dietro i debiti esorbitanti e l’incessante stampa di moneta potrebbe celarsi il tentativo di ribaltare sulle economie pubbliche le perdite causate da speculazioni fallite e dalla crisi economica?
FM: Il maggiore cambiamento nel mondo della finanza è stato un accentuarsi dell’arroganza degli operatori delle grandi banche di investimento combinato dall’abbandono del buon senso per un approccio esclusivamente tecnico e teorico. Basti dire che UBS, CS e altri cercavano fisici nucleari per lavorare nel settore dei derivati. Il settore pubblico, anziché regolamentare e controllare, si è fatto coinvolgere e corrompere.
Sono dell’opinione che la situazione attuale sia sfuggita di mano anche alla maggior parte di “superpotenti” – anche loro non sono per niente infallibili, per fortuna. La democrazia è un sistema nel quale il cittadino corrompe sé stesso: voterà sempre per il politico che gli promette più regali (fatti con i suoi stessi soldi); la rielezione è quindi garantita per chi spende di più e non per chi risparmia.
Sulla situazione attuale scrivevo già 10 anni fa, non era poi così difficile capire dove saremmo finiti. E’ noto che il problema principale è stato il “laisser faire” delle autorità di vigilanza che non hanno saputo frenare la crescita del settore.
Non è ammissibile che uno Stato diventi ostaggio delle proprie banche perché “too big to fail”. E la corruzione (chiamalo lobbying o finanziamento di campagne) ha fatto il resto, permettendo agli stessi Stati di fare propri i buchi del sistema finanziario senza chiedere nulla a cambio.

TL: E le vere cause della crisi?
FM: Nel migliore dei casi ingenuità, ma più probabilmente stupidità della classe politica. La storia ci insegna che i debiti di guerra hanno spesso portato paesi alla rovina; da oltre 20 anni gli Stati occidentali si stanno indebitando per far fronte a promesse elettorali di stampo sociale, ribaltando il pagamento delle pensioni e delle prestazioni sociali di oggi sulle generazioni future, che evidentemente e giustamente si rifiuteranno di pagare queste fatture.
La crisi finanziaria non ha fatto altro che accelerare l’avvicinarsi della fine di questo sistema assurdo. I super ricchi di oggi si sono arricchiti grazie al potere acquisitivo mediamente più alto di tutta la popolazione. Ma si trattava di una situazione anomala che non può durare in eterno: si deve accettare che le differenze esistono e sono inevitabili.
Quello che si è cercato di fare è annullare queste differenze caricando la società con costi non sostenibili. Questo cammino ci ha portato alla fine di questa bellissima era.
Il futuro lo scegliamo noi, ma dovrà poggiare di più sulla solidarietà dell’individuo e meno sulla delega allo Stato. Nel mio mondo immaginario saremo tutti meno ricchi ma più felici.

TL: Politicamente negli Stati Uniti sembra mancare una leadership forte, mentre l’Europa fin’ora ha tentato di coordinarsi per fronteggiare la crisi. Sei d’accordo con questa affermazione?
FM: L’Europa sta adottando tutte le misure che nel passato il FMI imponeva ai paesi del terzo mondo in difficoltà, portandoli alla rovina.
L’ho visto in Perù, in Argentina, in Brasile, in Ecuador ma anche in Tailandia nel 1997. L’abbandono della democrazia diretta come abbiamo in Svizzera, la messa sotto tutela del cittadino da parte di governi pseudo paternalisti e cleptomani ci hanno portato dove siamo oggi.
Il mondo occidentale ha preferito vivere nella bambagia del consumo senza curarsi di chi lo amministrava. Nessuno, per esempio, conosce il nome anche solo di un rappresentante del proprio paese nel Parlamento europeo. Ti pare normale? La responsabilità finale quindi risiede nel popolo e nei partiti. Questi dovranno sostituire i propri candidati arrivisti con personaggi di peso e responsabili, scendendo a patti con il settore privato che dovrà “cedere” alcuni dei suoi leader per gestire la cosa pubblica.
Le decisioni da prendere sono poco popolari e diventano più inaccettabili con ogni giorno che trascorre. E’ vero che l’Europa qualcosa ha fatto, ma di gran lunga non abbastanza e non quello che andava fatto davvero.
Di quanto possa avvenire negli Stati Uniti ho una grande paura, perché è un paese che ha conquistato la sua egemonia non con l’esercito ma con il dollaro. Se si accentuasse (come è probabile) la perdita di fiducia nel dollaro non c’è niente che il governo non sarebbe disposto a fare per evitarlo. Anche una guerra, se necessario.

TL: Avrai un’idea sui possibili sviluppi a livello di grandi potenze.
FM: I recenti spostamenti americani ci fanno capire che ci sono grandi cambiamenti in ballo. Da una parte vi è il ritiro delle truppe dall’Irak, dall’altro una maggiore presenza nel nord dell’Australia.
La politica americana nel Medio Oriente è stata catastrofica e il controllo esercitato da Israele, che non può più contare con il “vivi e lascia vivere” che proponeva Mubarak, potrebbe venire a mancare anche e proprio a seguito della crisi del settore finanziario capitanato dall’élite filo-giudaica e grande finanziatore del piccolo Stato ebreo.
Ritirandosi dalla regione, gli americani lasciano dietro di sé un Pakistan armato di bomba atomica e un Iran che – anche se apparentemente soffre di lotte interne – giocherà un ruolo regionale dominante. L’approvvigionamento del petrolio non è per niente garantito e lo stesso prezzo del greggio ce lo segnala, mantenendosi ostinatamente sopra i 90 dollari malgrado tutti i segnali di rallentamento economico. Il potere dovrà senza dubbio essere condiviso con più nazioni o poli di nazioni.
L’Europa ha una chance di poter dire la sua solo se si avvicina alla Russia, un avvicinamento che, potrebbe dare inizio allo sviluppo economico del continente Euro-Asiatico, per esempio con linee ferroviarie di alta velocità fra la Cina e l’Occidente.
Gli Stati Uniti saranno coinvolti in enormi problemi interni, probabilmente i maggiori dalla guerra civile, e ne usciranno molto indeboliti. Il loro ruolo futuro, senza il dollaro forte, dovrà essere rivisto e rinegoziato, anche se rimarranno sempre un polo forte.

TL: In cosa potrebbe sfociare l’attuale situazione a livello economico e politico?
FM: Immagino l’indebitamento dei paesi come una enorme voragine. Al suo lato vi è una montagna di soldi – i risparmi di ricchi e poveri. Bene o male, quella montagna andrà a colmare la voragine. La forma più “indolore” per farlo è senza dubbio una inflazione sostenuta, ma anche misure di tassazione fuori del comune che andranno a colpire i nostri risparmi e le nostre pensioni .
Dovremo stare molto peggio per poi stare meglio. Sono un idealista e per meglio intendo una nuova concezione di società che non si appoggi più sull’accumulazione malata della ricchezza ma su nuovi valori basati sull’etica e la solidarietà.
Il movimento OWS (Occupy Wall Street), malgrado la sua ampiezza è allo stato embrionale e si svilupperà con forza in tutto il mondo; oggi deve essere letto come un primo segnale di ricerca del cambiamento. E cambiamento ci sarà, perché chi lo compone non sono disperati hooligans ma esponenti di tutte le classi sociali e professionali in un’onda di dimostrazioni pacifiche che contrasta con i grandi movimenti rivoluzionari per esempio del ’68.

TL: Cosa consiglieresti al risparmiatore oggigiorno, in questa situazione di estrema volatilità dei mercati e incertezza a livello economico ma anche politico?
FM: Credo che tutto sommato in Svizzera staremo marginalmente meglio, anche se è scontato che la crisi non ci lascerà incolumi e che saremo chiamati a dare il nostro contributo ai paesi più colpiti.
La BNS in fondo lo sta già facendo comprando Euro e la forza della nostra moneta induce diverse ditte a trasferirsi in altri paesi meno cari, dando luogo a un ribilanciamento in un certo senso naturale. Il costo di questa “solidarietà” (voluta o no) si rifletterà anche sul potere acquisitivo del franco svizzero che soffrirà, come tutte le monete “fiat” (che si possono creare dal nulla), delle attività delle rotative della BNS.
Ai proprietari di immobili raccomanderei di utilizzare i risparmi per rendersi energeticamente indipendenti ma non comprerei immobili agli attuali livelli di prezzi. La volatilità dei mercati accelererà fino all’insopportabilità e qualsiasi investimento borsistico non sarà al riparo dal rischio maggiore, rappresentato dalla psicologia e dall’irrazionalità dell’investitore stesso: quindi da raccomandare solo a chi ha i nervi saldissimi. Il reddito fisso è da scartare, se non per un concetto di diversificazione del rischio.
E’ per esempio pensabile investire in obbligazioni corte della confederazione per evitare il rischio che oggi rappresenta un deposito in qualsiasi banca. Il mio avallo da battaglia da oltre 10 anni è l’oro. Lo raccomando ancora, non guasta averne anche fino al 50% dei propri attivi liquidi.
Il problema oggi è che “les jeux sont faits”, nel senso che qualsiasi attivo “intelligente” è carissimo, chi non l’ha ancora comperato difficilmente avrà il coraggio oggi di comperarlo.

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