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pubblicato nella sezione Editoriale il 17 febbraio 2011

Prima ancora che Sergio Morsoli divenisse un candidato ufficiale del PLRT per il Consiglio di Stato le cataratte del cielo si erano aperte sull’ex sindaco di Locarno Diego Scacchi che lo aveva pesantemente attaccato per la sua appartenenza a Comunione e Liberazione.
Dopo la proclamazione ufficiale della lista, all’insegna del “vogliamoci tutti bene” – ma quando mai questo é successo? – le polemiche interne si sono susseguite a ritmi regolari (ritmi dettati sovente dal quotidiano La Regione, a cui sembrerà di rivivere il 2007 elettorale) così come sono proseguite le bordate contro il vice-sindaco di Monte Carasso.


Ieri era il turno del ministro uscente Gabriele Gendotti, già autocandidatosi per le Federali di ottobre, che a Teleticino ha ribadito quanto più o meno dichiarato al mensile progressista Confronti che gli chiedeva: Un aderente a Comunione e Liberazione alla testa del Dipartimento dell’educazione?
“Personalmente sono tranquillo circa il fatto che ciò possa davvero succedere – aveva risposto e addirittura alla TV di Melide è stato ancora più esplicito: “Temo che Morisoli, se eletto e direttore del Decs, non sarà in grado di garantire l’aconfessionalità della scuola”.

Il sindaco di Lugano Giorgio Giudici, esponente di IdeaLiberale con incarichi di mediatore presso la dirigenza del PLRT, gli ha risposto: “La laicità dello Stato? Questi sono discorsi vecchi che non interessano più. Fanno parte dell’Ottocento” e si riferiva alla dura presa di posizione di Matteo Quadranti, pubblicata anche dal nostro portale.

Insomma dopo la Villa, le cattedrali con la croce sembrano essere il nuovo cavallo di battaglia dei radicali. Mentre negli altri partiti non vola mosca fra un candidato e l’altro, in quello della maggioranza relativa piovono macigni da Airolo a Mendrisio.
Sicuramente senza un candidato di centro destra il PLRT perderebbe un seggio e questo il partito non può permetterselo. Sarebbe una sorta di retrocessione in serie B, con siluramento di “allenatori vari”. Per questo motivo e solo per questo è stata scelta la candidatura di Sergio Morisoli, che ora si vorrebbe annientare nel nome di una laicità dello Stato in un periodo dove la maggioranza delle chiese accumula polvere sui banchi per la scarsa partecipazione popolare.

Diciamolo: Morisoli non brilla per simpatia nemmeno fra i sostenitori della sua corrente politica, ma in quanto a capacità ritengo che i pochi dibattiti televisivi a cui ha partecipato abbiano ampiamente dimostrato che il personaggio dispone delle qualifiche – come molti altri suoi sfidanti – per occupare una poltrona in Consiglio di Stato, entrando per elezioni popolare e non come subentrante (ogni riferimento é puramente casuale) in corso di legislatura.
Credo che il minimo che il PLRT debba garantire sia una sfida elettorale onesta e aperta, senza quegli inutili attacchi interni a cui ci ha abituato negli anni. Ma quando cresceranno questi politici?

C.S