La bandiera palestinese sventolerà alla sede dell’Unesco di Parigi, un mese dopo l’ammissione dei palestinesi in questa agenzia dell’Onu. Un’ammissione che aveva provocato la collera di americani e israeliani. Per gli Stati Uniti, l’adesione dei palestinesi ad un organismo internazionale è possibile soltanto in presenza di un accordo di pace con Israele.

Il 31 ottobre i palestinesi avevano ottenuto una vittoria diplomatica importante sul cammino del riconoscimento del loro Stato, diventando il 195esimo paese membro dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. L’adesione è effettiva dopo che a fine novembre era stato firmato l’atto costitutivo, poi depositato presso gli archivi del governo britannico a Londra.

Gli Stati Uniti, in segno di protesta, avevano sospeso il loro finanziamento all’Unesco (65 milioni di dollari annui, il 22% del budget dell’agenzia Onu) in virtù delle due leggi che proibiscono al governo statunitense di finanziare organismi che accettano l’adesione dei palestinesi.

Il presidente Barack Obama aveva anche ammesso di aver avuto un colloquio con Nicolas Sarkozy dove aveva manifestato la profonda delusione per il voto francese a favore dell’entrata dei palestinesi all’Unesco.
Per ovviare alla mancanza degli importanti fondi americani, la direzione generale dell’agenzia ha annunciato un drastico piano di economie, anche se diversi Stati hanno offerto contributi straordinari: 10 milioni l’Indonesia e due milioni da parte del Gabon.
Da parte sua Israele aveva adottato misure di ritorsione con l’accelerazione della colonizzazione a Gerusalemme est e nella Cisgiordania occupata e bloccando il trasferimento di fondi alle autorità di Ramallah.
Sotto la pressione internazionale Israele aveva tolto – dopo un mese – il blocco a questi fondi, provenienti dalle tasse doganali e dall’imposta IVA prelevate alle merci destinate ai palestinesi che transitano da Israele.