Tanto per incominciare diciamo le cose come stanno. Un vicepresidente “coordinatore-traghettatore” messo lì, come quarto, accanto a tre esponenti di scarso peso politico la dice lunga su quanto sta accadendo realmente, al di là del solito fumo negli occhi.
Si prepara per il PLR una presidenza radicale, con il proposito supplementare e ben fermo di mettere in riga quei liberali che non sono ancora scappati (quanto agli altri, pazienza…). Un’alleanza e una politica potranno realizzarsi solo verso sinistra, ripresentandosi quella stessa coalizione che elesse Laura Sadis facendo cadere Marina Masoni.
Che cos’è nel Gendotti-pensiero la Santa Alleanza? È una variegata coalizione informale, di destra, che associa la Lega (il Male Assoluto, ineguagliabile), l’UDC (un male minore), Idealiberale (“vecchi che non vogliono rassegnarsi”) e il PPD. Non già il PPD di sinistra, che esiste tuttora e immagino sia sopravvissuto a Chiara Cortesi Simoneschi e a Fabio Bacchetta Cattori.
È forte la Santa Alleanza? Sì, di questi chiari di luna gode di robusta salute e per di più picchia sodo.
Il sogno di Gendotti
Gabriele Gendotti, neopresidente in pectore (lui però nega), vorrebbe che il partito tornasse “come prima”, “com’era trent’anni fa”. Ma questo è impossibile non solo perché il tempo non può correre all’indietro, ma impossibile dopo ciò che è successo e ancor più impossibile sotto la sua leadership.
La questione cruciale è: Gendotti a Lugano che potrà fare? Lui conta sul sostegno del servizievole Grandini e sui dubbi amletici dell’incerto Benicchio, che il primo giorno si dimette, il secondo invece pure, mentre il terzo dice che ci ha ripensato oppure che è stato frainteso. Ma non può bastare.
A mio avviso Gendotti fallirà – nel suo intento, non troppo sincero, di “riequilibrare” il partito per riportarlo al tempo mitico dei suoi fasti dominanti – quasi automaticamente.
Il PLR diverrà solo radicale, l’intesa a sinistra si svilupperà assai intensa… e il PDT Partito Democratico Ticinese sarà pronto per affrontare la Santa Alleanza in un duello all’ultimo sangue.
Alleanza che in questo momento è più forte di lui, almeno così io la vedo. Sotto la guida del Gendotti-pensiero ben difficilmente si eviterà un disastro a Lugano, nelle comunali 2012 o 2013. Gendotti si propone oggi come un Arnoldo di Winkelried dell’anti-leghismo e, se vincerà, si coprirà di molta gloria. Ma più probabilmente egli non riuscirà ad essere altro, e per qualche tempo, che un leader dell’area di sinistra, insieme al valente pianista di Locarno on Ice.
Una domanda obbligata
Concludiamo domandandoci: perché siamo arrivati sin qui? Forse il vulnus del violento, premeditato attacco ai liberali nel 2006-2007 non poteva più essere sanato. Coloro che allora individuarono una strada sicura per vincere non capirono che la fattura, più che salata, sarebbe giunta sul loro tavolo quattro anni più tardi. Forse (dico forse) un tentativo disperato poteva essere effettuato prima delle elezioni d’aprile, dinnanzi all’incombente e quasi certo disastro.
Non è forse sull’orlo del baratro che si fanno i “tentativi disperati”? Cucire un armistizio (non oso dire una pace) con gli sconfitti di un tempo, ancora forti sulle rive del Ceresio. Ma come si fa? Inghiottire un rospo grande come un elefante!
Allora si è tirato diritto, senza guardare, pensando che sotto i piedi non mancasse il terreno. Tanto “il nostro Harry Potter quel Ci-ellino lo batterà sempre…”
Francesco De Maria