Per gli occidentali, Vlad Tepes (il principe Vlad Dracul III di Valacchia, 1431-1476) era il conte Dracula. Per i rumeni, invece, Vlad Tepes era un principe sanguinario ma giusto, un nobile che difendeva il popolo e che metteva sadicamente a morte unicamente ladri e traditori.
I pareri degli storici rumeni divergono. Alcuni paragonano Vlad Tepes a Dracone di Atene, un legislatore greco vissuto nel VII secolo a.C. e lo considerano un genio politico mentre altri lo definiscono semplicemente un sadico scellerato.
Vlad l’Impalatore (così chiamato perchè metteva a morte i condannati infilzandoli su pali appuntiti, lasciandoli poi lì a morire mentre i corvi mangiavano loro gli occhi) è presente ancora oggi nell’immaginario collettivo rumeno.
Lo storico Ioan Bogdan critica la tendenza di taluni esperti a idealizzare Vlad Tepes. La storiografia rumena tende a presentarlo come protettore dei poveri e dei giusti e come un principe che lavorava per il bene della Romania.
“In realtà l’Impalatore era un tiranno brutale – argomenta Bogdan – un mostro disumano. Dovremmo averne vergogna e non citarlo quale esempio di bravura e di patriottismo.”
Altri storici rumeni, come Constantin Giurescu hanno spiegato gli atti di crudeltà del principe Vlad come il segno manifesto dell’interesse superiore della nazione : “Le torture e le esecuzioni capitali non erano capricci. Avevano la loro ragione d’essere, in un mondo dove ancora non esisteva il principio della diversità di opinioni.”
Lo storico Lucian Boia ritiene che attorno a Vlad Tepes si sia creato il mito di un principe severo ma giusto, intransigente verso i nobili avidi e corrotti : “Questa è una mitologia ancora molto viva in Romania e della quale i rumeni dovrebbero imparare a distanziarsi.
E’ il caratteristico culto del capo dei rumeni, che deriva da una società basata sulle tradizioni. E’ l’atteggiamento di una società paesana, che al principe porta rispetto. Vlad Tepes è per loro il sovrano che si è sempre battuto contro un’élite avida di ricchezza e potere.
Oggi il suo successo si basa sulla venerazione di un popolo troppo poco politicizzato, che adora i dirigenti, siano essi principi, re, presidenti comunisti o presidenti post-comunisti.”
(Ticinolive/www.expres.ro)