L’ambasciatore Sergio Romano, che è anche un noto commentatore politico, ha inviato al Corriere della Sera la seguente lettera sulla questione del “genocidio armeno” e il recente voto del parlamento francese.
Cari lettori,
Non credo che gli Stati e i parlamenti democratici abbiano il compito di scrivere la storia e di fissare per legge le date fauste e infauste del calendario nazionale e internazionale. Là dove questo accade lo Stato è «etico», vale a dire una cattedra morale autorizzata a proclamare dogmi e a impartire precetti. Oggi scrive una sorta di bolla pontificia sui massacri armeni del 1915. Domani proclamerà altri dogmi a cui i sudditi fedeli dovranno piegarsi. È questo lo Stato in cui desideriamo vivere?
La condanna del «negazionismo» diventa a questo punto inevitabile. Se il giudizio su un evento storico è legge dello Stato, non è permesso avere dubbi, proporre interpretazioni diverse, invocare circostanze che ai sacerdoti del dogma sembreranno inammissibili giustificazioni.
Avrò ancora il diritto di sostenere (come lo storico angloamericano Bernard Lewis di fronte a un tribunale francese qualche anno fa) che l’espressione genocidio è impropria e che «massacri» definisce meglio il trattamento di cui gli armeni turchi furono vittime nel 1915? Potrò ricordare che gli armeni delle maggiori città turche non vennero colpiti dai provvedimenti di espulsione? Avrò ancora il diritto di collegare quegli avvenimenti a una guerra in cui le comunità armene dell’Anatolia erano percepite, con qualche buona ragione, come la quinta colonna dell’impero zarista? Sarò autorizzato a suggerire che la legge approvata dall’Assemblea nazionale francese risponde soprattutto alle esigenze elettorali di un presidente a caccia di voti per una elezione che si annuncia particolarmente difficile? Potrò dire a un armeno che se fossi al suo posto non proverei dopo questo voto alcuna soddisfazione?
Il pensiero liberale si è battuto per secoli contro il delitto di opinione, la caccia alle streghe, il rogo degli eretici e dei loro libri. Dovrei applaudire una legge che ripristina il concetto di eresia e mi impedisce di ragionare, discutere, argomentare?