Le nuove autorità libiche faticano a sciogliere le milizie armate degli ex rivoluzionari, che nella capitale dettano legge e impongono il terrore.

Scontri a fuoco hanno opposto martedì 3 gennaio nel centro di Tripoli due fazioni di ex ribelli, facendo due morti. Lo ha indicato un commando locale.
Nelle strade, tra i gruppi armati la tensione è alta e il minimo diverbio può sfociare – come accaduto stamani – in uno scontro a fuoco. Le autorità sono incapaci di controllare questa violenza latente. Gli scontri sono quotidiani, soprattutto ai numerosi posti di blocco che le milizie hanno eretto un po’ ovunque.

Le migliaia di combattenti rivoluzionari (circa 50mila) che hanno contribuito alla caduta del clan Gheddafi e che ancora sono a Tripoli rifiutano di deporre le armi e di lasciare la capitale per far ritorno alle proprie case.
Dicono che resteranno sino a quando le loro rivendicazioni politiche saranno esaudite: è noto infatti che le diverse fazioni dell’era post-Gheddafi puntano al potere. Gli ex ribelli vogliono essere maggiormente rappresentati in seno al Consiglio nazionale di transizione.
Alla ricerca di una soluzione, il ministro libico dell’Interno Faouzi Abdelali ha parlato di un piano per integrare a breve termine queste migliaia di miliziani nelle forze dell’esercito e dei servizi di sicurezza.

Tripoli. Miliziani controllano un posto di blocco.