Il sudanese Mohammed Ahmed Moustapha al-Dabi, capo degli osservatori della Lega araba in Siria, incaricati di sorvegliare l’applicazione del piano arabo per l’uscita dalla crisi, ha presentato domenica al Cairo il primo rapporto sulla missione.

Il comitato ministeriale della Lega araba si è riunito domenica al Cairo, dove ha sede l’istituzione, per ascoltare il generale al-Dabi, capo dei 163 osservatori attualmente in Siria. Il suo primo rapporto interviene mentre si moltiplicano gli appelli affinchè il dossier siriano sia trasferito alle Nazioni Unite.
L’opposizione siriana ha accusato gli osservatori di essere manipolati dal regime del presidente Bachar al Assad e la Lega araba di essersi mostrata incapace di far cessare la violenza.
“Il rapporto valuta la situazione sul terreno ed esamina le disposizioni che possono essere prese nelle prossime fase – ha dichiarato Ahmed Ben Hilli, segretario generale aggiunto della Lega araba – Contiene fotografie, carte e informazioni sugli avvenimenti dei quali gli osservatori sono stati testimoni.”

I primi osservatori avevano iniziato la loro missione a Damasco il 26 dicembre, mentre l’ultimo gruppo della delegazione è giunto in Siria sabato 7 gennaio, proveniente dalla Giordania, per sorvegliare l’applicazione di un piano per uscire dalla crisi che dallo scorso marzo attanaglia la Siria, prevedendo in primo luogo la fine delle violenze delle forze del regime contro i manifestanti.
In questi mesi le vittime della repressione sono state migliaia. Sabato sono morte ancora decine di persone, mentre venerdì un attentato nel centro di Damasco aveva fatto 26 morti.

Il generale al-Dabi, la cui nomina ha suscitato polemiche perchè aveva guidato in Sudan le forze nordiste durante la guerra civile e aveva preso parte al conflitto nel Darfur, ritiene sia ancora presto per giudicare l’operato degli osservatori. La missione è infatti iniziata da pochi giorni, in un contesto difficile e sfavorevole.
Amnesty International desidera che il rapporto degli osservatori mostri chiaramente i soprusi e la violazione sistematica dei diritti dell’uomo.
In segno di solidarietà con il regime di Damasco, il governo russo ha mandato nella base navale siriana di Tartous una flottiglia composta da navi da guerra, sottomarini, aerei da combattimento, elicotteri e diversi sistemi di missili. Lo ha confermato l’agenzia siriana Sana nella notte tra sabato e domenica.