L’Autorità federale è latitante sul centro asilanti di Chiasso: se si può capire (ma non condividere) che una struttura di questo tipo non la si possa chiudere da un giorno all’altro, ci sono tuttavia una serie di misure che sarebbero invece di semplice ed immediata applicazione.
Ad esempio lo stanziamento di un milione di franchi all’anno in più per potenziare la sorveglianza al Centro, l’incremento dei programmi di lavoro per richiedenti l’asilo, le limitazioni della libertà di movimento degli asilanti problematici.
Davanti ad un aumento globale dei richiedenti l’asilo in Svizzera nel corso del 2011 di ben il 45% a seguito della cosiddetta “primavera araba”, la mancanza di riscontri, da parte del Dipartimento federale competente, è, ancora una volta, deludente: gli atti parlamentari da noi inoltrati in Consiglio nazionale per ottenere interventi nel senso indicato sopra vengono evasi negativamente, mentre le lettere del municipio di Chiasso non ricevono neppure risposta.
La prognosi si fa ulteriormente infausta a seguito dell’annuncio dell’Italia di voler limitare (arbitrariamente ed in violazione dei trattati di Dublino) il numero di richiedenti l’asilo ripresi dalla Penisola a 250 casi al mese.
La conseguenza dell’applicazione di tale nuova prassi sarebbe, è ovvio, un aumento dei richiedenti l’asilo problematici presenti a Chiasso e che da lì irradiano le loro attività illegali anche sugli altri centri cantonali, Lugano in primis.
Ci chiediamo dunque se il Consiglio federale intenda accettare supinamente la nuova limitazione italiana – e le conseguenze negative del caso per Chiasso e per il Ticino – o se invece intenda attivarsi affinché l’Italia ottemperi all’obbligo di riprendersi i richiedenti l’asilo di sua spettanza.
Quanto finora accaduto non invita all’ottimismo.
Si impone un cambiamento di marcia e il Ticino tutto deve impegnarsi ad ottenerlo; in caso contrario ne pagherà le pesanti conseguenze.
Lorenzo Quadri
Roberta Pantani Tettamanti
Consiglieri nazionali Lega dei Ticinesi