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Leggendo i commenti alla notizia della morte di Umberto Marra sorge una riflessione: inevitabilmente, quando muore una persona i commenti vertono in una direzione: quella del buonismo.
Era buono, era generoso, un ragazzo d’oro, un uomo che pensava solo alla famiglia e al lavoro, uno divertente, un cuore grande, una ragazza fantastica, una santa, una donna che aiutava sempre gli altri, eccetera.

Questo va benissimo, ma verrebbe da chiedersi perchè questo buonismo non viene applicato anche ai vivi.
I vivi – invece – spesso e volentieri sono scuoiati, messi sulla graticola e girati a fuoco lento e il tutto con sadico piacere.
Del vicino, del conoscente, del collega, del capo ufficio, della moglie e del marito, dell’amica o dell’amico, del tizio e del caio: si parla spesso male degli altri, si passano ore a malignare (donne e uomini, senza eccezione). La critica è diventata l’argomento di discussione fra persone che si trovano a passare un momento insieme e che sembra non abbiano nient’altro di cui parlare.

E se si addottasse almeno una parte del buonismo riservato ai morti per applicarlo ai vivi? Magari la gente si smollerebbe un po’, si vedrebbero in giro meno persone con i tratti tirati, le labbra serrate e gli occhi indagatori.
Non sarebbe male provare a vedere quello che di buono hanno le persone invece di elencare ogni loro difetto, reale o presunto.
Perchè perdere energie criticando le persone? A cosa porta? Ci fa sentire migliori? Se così fosse dovremmo forse chiederci cosa c’è che non va in noi, perchè abbiamo il bisogno di giudicare e disprezzare.
Forse dire parole positive ci fa sentire a disagio, ci fa sentire ridicoli? Forse. Ma anche in questo caso sarebbe bene chiederci se tutto il letame che spargiamo attorno sputando sentenze faccia del bene a noi stessi, alla nostra crescita, alla nostra essenza.

A chi ha resistito sin qui a leggere le mie tiritere del venerdì, prendo ancora un minuto chiedendo se è solito leggere le Sacre Scritture, cristiane, ebraiche o islamiche che siano.
Lo chiedo perchè chi lo fa potrebbe ricordarsi di una frase molto bella e importante: “O uomini, avete dimenticato di quando eravate Dei”?
Qualcuno replicherà che “sì però c’erano Dei collerici”. Va bene, collerici ma non criticoni, questo penso di poterlo affermare.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che in noi c’è davvero una scintilla della divinità che ci ha creato, in ognuno di noi c’è una parte di Dio.
Dovremmo esserne consapevoli e agire di conseguenza, essere grandi e magnanimi, avere parole di comprensione, amore e generosità anche per chi ancora ci sta attorno, non solo per chi accompagnamo al cimitero.

B. Ravelli