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C’è il surriscal­damento del pia­neta e qui si gela. Ci hanno insegna­to che il grande problema del mondo (altro che le bolle finanzia­rie) è il global warming e intan­to decine di perso­ne sono morte in Europa a causa del gelo.
Bisognerebbe decidersi: fa troppo freddo o fa troppo caldo?

Non ci sono più le nevicate di una volta, sentivo dire da qualche anno. Ai nostri tempi, diceva qualcuno, c’erano grandi gela­te e pattinavamo sui laghetti mentre ora gli inverni sembrano primavere; da almeno dieci anni ce la cantano sulle stagioni che non sono più quelle di una volta.
Leggo che il 20 marzo del 2000 l’autorevole quotidiano «The In­dipendent» annunciava, per mano di un esperto: «Le nevicate sono un feno­meno che ormai appartiene al passa­to».
Immagino la seccatura di quel­l’esperto quando ha dovuto riprende­re la pala in mano per liberare il vialetto d’accesso della sua casa. Spala, profeta.

A me sembra che siano nor­mali e mi piacciono il freddo a genna­io e il caldo a luglio e trovo salutare questo bel gelo nevoso come ai vecchi tempi (i giorni della merla, San Bia­gio innevato, la Candelora gelata).
So bene però che il freddo (giusto) di que­sti giorni potrebbe non essere la nega­zione del fenomeno più generale del surriscaldamento del pianeta: un in­verno rigido di per sé non negherebbe il principio del global warming.
Però posso dire che almeno le stagioni so­no invece sempre quelle di una volta, secondo cicli e corsi e ricorsi. In quan­to al surriscaldamento, le notizie scien­tifiche sono intermittenti, contraddit­torie.
Si va dal premio Nobel ad Albert Gore per una sua campagna planeta­ria più emotiva che scientifica sul global warming (già sconfessata più vol­te) a pronunciamenti negazionisti di scienziati autorevoli.
E noi naufraghia­mo in questo mare di caldi e di fred­di.

Il «Wall Street Journal» del 27 gen­naio scorso (lo scrive «Il Foglio» e In­ternet lo prova) presentava un appel­lo di 16 scienziati di importanza mon­diale i quali mettono in guardia con­tro l’ingiustificato panico da global warming, contestano l’influsso diretto delle emissioni di CO2 sulle variazioni climatiche e invitano a una ricerca scientifica rigorosa e sempre verificata per orientare i giudizi troppo affret­tati e catastrofici che qualcuno cerca di ufficializzare come scienza sacra.
Uno di quegli scienziati, il premio No­bel per la fisica (un premio Nobel, non un giornalista) Ivar Giaever, ha dato le dimissioni dall’American Physical Society perché ne contesta il manife­sto programmatico che recita così: «Le prove sono incontrovertibili, il riscal­damento globale è in atto. Se non si prendono decisioni per mitigarne gli effetti, si assisterà con ogni probabili­tà a sconvolgimenti nei sistemi ecolo­gici e fisici della terra. Dobbiamo ri­durre le emissioni di anidride carbo­nica a partire da ora».
Il premio No­bel non ci sta e contesta questa certez­za cocciuta che contraddice numero­sissimi rilievi scientifici di segno oppo­sto.
E noi come facciamo a capirci qualcosa? Noi che abbiamo creduto ai disastri mancati del bostrico, dell’influenza viaria, di quella suina e dei ce­trioli infettati, come facciamo a conti­nuare a credere che basta dire cento volte una presunta verità per render­la vera senza più il bisogno di verifi­carla?
In attesa di chiarimenti noi con­tinuiamo a camminare bene imbotti­ti sulla crosta gelata di questo piane­ta surriscaldato.

(Pubblicato sul Corriere del Ticino il 6.2.2012 – per gentile concessione)