Il vescovo di Lugano mons. Pier Giacomo Grampa, ormai prossimo al termine del suo mandato pastorale, si esprime sui problemi della Diocesi, della Chiesa e di tutta la società moderna, in un’ampia intervista curata da Francesco De Maria.

2012

Francesco De Maria Ci dica per prima cosa come Lei vede la Sua diocesi, e come l’ha vissuta in questi anni di ministero.

Monsignor Vescovo Come vuole che la veda se non come quella porzione del popolo cattolico, che risiede in Ticino, ed è stata affidata dal Papa al mio servizio pastorale. E’ l’unica diocesi svizzera i cui confini territoriali coincidono con quelli del Cantone ed è anche la più giovane d’anni, perché sorta nel 1895 come diocesi unita a quella di Basilea, aeque principaliter, ma nel cui territorio risiedeva un Amministratore apostolico locale. Nel 1971 ê divenuta diocesi autonoma a tutti gli effetti e sotto ogni aspetto. Conosce tutti i problemi che agitano la vita della Chiesa Cattolica in questo momento storico particolare.

La Sua nomina a vescovo di Lugano è stata per Lei una sorpresa? L’ha desiderata?

MV Certamente fu una sorpresa perché non pensavo di venir scelto come Vescovo a 67 anni, quindi umanamente era temerario desiderarlo. L’ho accettata quando mi vennero spiegate le motivazioni.

Lei è stato rettore del Collegio Papio. Che cosa ricorda di quegli anni?

MV Sono stato attivo al Papio per 37 anni, nel periodo centrale della mia vita, dai 29 ai 67 anni; dieci anni come vicerettore, tre come docente, 24 come rettore. Ricordo di aver potuto costruire il nuovo collegio e promuovere il restauro della chiesa di S. Maria della Misericordia, ma soprattutto di essermi speso totalmente per i ragazzi e i giovani affidati.

Come affronta la nostra diocesi la crisi delle vocazioni? Quali sacerdoti chiama in soccorso?

MV Curando in modo particolare la pastorale giovanile, preoccupandosi di rendere vivo il messaggio del Vangelo, quindi la vita di fede, promuovendo preghiere ed iniziative su questo tema e non dimenticando che non ci sono solo vocazioni al sacerdozio secolare, ma pure a vita religiosa femminile e maschile e non ne sono mancate anche in questi anni di crisi. Avendo poi una Facoltà di teologia abbiamo la grazia di poter attingere ad alcuni studenti che, frequentandola, poi si fermano almeno temporaneamente in diocesi per il ministero.

Ci parli del Giornale del Popolo, che in una intervista all’on. Lombardi ho osato chiamare “il giornale della Curia”, facendomi correggere. Avrei dovuto dire “il giornale della Diocesi”!

MV Il Giornale del Popolo, voluto dal vescovo Bacciarini come mezzo di trasmissione del pensiero cattolico nel nostro contesto sociale e culturale, conosce tutte le sfide di cui soffrono tutti i quotidiani cartacei. Finora, anche se furono dure, le abbiamo affrontate positivamente.

In tempi recenti Lei è stato pubblicamente e duramente attaccato da un sacerdote della Sua diocesi, che Le ha mosso vari rimproveri. Qual è stata la Sua reazione?

MV Ho cercato di attenermi ai consigli che il Card. Carlo Maria Martini offre ai giovani vescovi in un suo libricino molto gustoso nel capitolo dedicato al vescovo e le male lingue. Le riporto solo la conclusione: “Non ti curar di loro, ma guarda e passa”. E mi ricordo che anche don Bosco diceva: “laetare et bene facere”, lascia “cantar le passere”.
Già San Paolo scriveva: “Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo” (Gal 1,10).
Del resto quando divenni vescovo scelsi come motto: “Patiens in adversis”, paziente nelle avversità. Il cardinale Giuseppe Siri di Genova soleva dire: cinque sono le virtù del vescovo: primo, la pazienza; secondo, la pazienza; terzo, la pazienza; quarto, la pazienza, quinto, la pazienza con coloro che ci invitano ad avere pazienza. (op. cit. pag. 91).

Tra qualche tempo avremo il nuovo vescovo di Lugano. Ci può illustrare la procedura che verrà seguita per la nomina del Suo successore?

MV Vedo che lei non legge le mie lettere pastorali, infatti nell’ultima ho dedicato diverse pagine a questo argomento (cfr. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”, pag. 37-39).
Le rispondo col card. Martini che scrive: “Il nuovo vescovo viene oggi scelto ordinariamente a partire da coloro che sono presentati dalla Conferenza episcopale e dal Nunzio come atti a ricevere l’episcopato. Quando una diocesi rimane priva del vescovo, il Nunzio propone una terna di nomi, che viene poi discussa nella Congregazione Plenaria dei Vescovi. Il parere maggioritario della Commissione viene presentato al Santo Padre, che ha la possibilità di decidere in un senso o nell’altro. Il vescovo dunque viene scelto a partire dai dati raccolti dal Nunzio, presentati dai singoli vescovi o anche da altre persone autorevoli della Chiesa locale o regionale. Ma il sistema perfetto è ancora da inventare. Bisogna anche tener conto che tra gli uomini esiste una debolezza chiamata “ambizione” dalla quale è importante sapersi difendere il più possibile” (op. cit. pag, 23-24).

Come vive la Chiesa il tempo moderno, che sembra così poco favorevole alla religione?

MV Con lo spirito evangelico di continuare a gettare il seme in ogni terreno come insegna la parabola del Seminatore (Mt 13,3-9).
A noi è chiesto di seminare, non di raccogliere frutti, che non mancano neppure ai giorni nostri. Il seme è certamente buono, il giudizio sui terreni lo lasciamo al Signore. Ma pare superficiale il giudizio sul tempo moderno che sarebbe poco favorevole alla religione. Si colgono piuttosto segni di ricerca di senso e di valori proprio da parte di molti uomini e donne del nostro tempo.

Perché la dottrina del papa è così spesso messa in dubbio e attaccata, frequentemente da persone che non appartengono affatto alla Chiesa e che non si curano del suo insegnamento?

MV La ragione è implicita nella sua domanda; proprio perché non appartengono alla Chiesa e non si curano del suo insegnamento, hanno un atteggiamento preconcetto, di pregiudizio e di preclusione, di chiusura. E’ un rifiuto che ha conosciuto anche il Maestro divino, non sorprende quindi più di tanto.

In tempi recenti la Chiesa è stata scossa da gravi e reiterate accuse di pedofilia. Quali misure ha preso la Santa Sede per affrontare la situazione? In che cosa le nuove disposizioni e procedure differiscono dalle vecchie?

MV Questo è un capitolo doloroso e vergognoso nella storia recente della Chiesa, che ha dimostrato l’inadeguatezza della prassi tradizionale basata più sulla misericordia che sulla giustizia. Ci si è accorti che la giustizia esige maggiore rigore ed attenzione per le vittime di simili abusi inqualificabili, per i cui autori il Vangelo così si esprime:
“Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare” (Mt 18,6),
Dobbiamo riconoscere di avere sbagliato nel passato per non avere saputo ascoltare il dolore di molti piccoli. Abbiamo avuto paura ed orrore del peccato che ci ha ferito. Per essere perdonato il peccato richiede non solo di essere riconosciuto, ma anche punito e riparato. Questo non è sempre stato fatto, offuscando la nostra testimonianza ecclesiale. Noi che dovevamo portare la salvezza ai “piccoli” siamo talvolta divenuti strumenti del male contro di loro.
Di questo la Chiesa ha preso consapevolezza dando nuove disposizioni che impongono ai vescovi di denunciare eventuali casi a Roma ad una apposita commissione, perché venga data priorità alle vittime che vengono al primo posto, mettendosi a loro disposizione.
Subito dopo viene la tutela dei minori, quindi la formazione dei futuri sacerdoti, religiosi e agenti pastorali, con l’offerta di un adeguato supporto e infine la cooperazione con le autorità civili, attraverso la quale la Chiesa riconosce la verità fondamentale che l’abuso sessuale non è solo un crimine in diritto canonico, ma è anche un crimine che viola le leggi penali nella maggior parte delle giurisdizioni civili.
I vescovi svizzeri sono stati tra i primi a muoversi con tempestività e a seguire le nuove modalità di intervento.

Lei pensa che simili accuse possano essere state mosse strumentalmente contro la Chiesa?

MV In quanto denunciavano fatti reali, non erano accuse strumentali. Che poi certi gremi anticlericali abbiano insistito nel presentare solo i danni e non i rimedi radicali, usandoli strumentalmente contro la Chiesa, è pure una evidenza.

La religione del passato aveva certi aspetti esoterici che nel tempo attuale ha senz’altro abbandonato per assumere forme più comprensibili e aperte. Questo può costituire una perdita? Oppure solo un vantaggio?

MV La purificazione del vissuto religioso non può che essere un vantaggio purché non gli si tolga la sua dimensione di sacralità e di trascendenza riducendolo a fenomeno solo razionale, sociologico e naturale.
E’ Gesù stesso ad attuare una vera rivoluzione religiosa quando proclama che la purezza religiosa non è esterna, ma interiore. Si tratta di purificare il cuore, liberando gli uomini dell’oppressione di pratiche religiose vane, solo rituali, esteriori, formali.

Un ecclesiastico – un vescovo, un cardinale, ma anche un semplice prete – fino a che punto può spingersi nell’esprimere pubblicamente opinioni politiche? Ha senso parlare preti/vescovi “di sinistra” o “di destra”?

MV Tenendo presente quello che Gesù insegna nel Vangelo; dando a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, non confondendo il campo della religione con quello della politica, dove uno può avere orientamenti più di destra che di sinistra o di centro, anche perché queste scelte sono molto condizionate dai contesti storici in cui vengono fatte.

Nella sua opera magistrale “Iota Unum” Romano Amerio muove numerose e sostanziali critiche alla Chiesa contemporanea (nel sottotitolo originale si parlava addirittura di “spirito di vertigine”, poi ci fu un’attenuazione…). Come giudica questo libro? Solo una brillante dissertazione teorica?

MV Direi di sì: è prevalentemente una brillante dissertazione teorica, non senza qualche astrattezza disincarnata.

Che cosa pensa di Dante Alighieri, che si permise di mettere alcuni papi all’inferno?

MV Certamente lei ha già sentito parlare di “licenze poetiche”. Il sommo Dante ne fa abbondante uso. E’ da leggere nel contesto del suo tempo e del suo particolare genere letterario. E per fortuna il giudizio finale non è assegnato ad uomini, ma all’onnisciente e misericordioso Dio, che solo legge nel cuore.

Esclusiva di Ticinolive