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Le autorità del Belgio hanno scelto da oltre un anno di non trattare le richieste d’asilo provenienti da rifugiati siriani, in quanto la situazione nel paese medio orientale è troppo confusa ed è difficile stabilire con certezza chi sia davvero in pericolo.

Ufficialmente i dossier non sono bloccati ma in pratica le richieste d’asilo non sono più trattate sistematicamente. Questo significa che i rifugiati siriani possono presentare la loro richiesta ma non vengono convocati per un colloquio.
Nel 2011, il Commissariato belga per i rifugiati aveva registrato un aumento del 43% delle domande d’asilo di cittadini siriani rispetto al 2010.
La maggior parte dei circa 500 richiedenti non proviene dalle città teatro delle violenze, come Homs, Damasco o Deara’a. Lì, gli uomini restano per combattere oppure vivono in situazioni talmente precarie che per loro è impossibile pensare a un viaggio sino in Europa.
I richiedenti l’asilo sono per la maggior parte curdi del nord est della Siria, una regione esterna all’epicentro delle violenze in atto nel paese.

L’incertezza delle autorità è una vergogna? si chiede oggi il quotidiano belga De Standaard: “L’incertezza di fronte al dramma di questi richiedenti l’asilo è inumana? A prima vista sì, ma la situazione è ben più complessa.
I paesi ai quali diamo maggior fiducia in materia d’asilo, Svezia e Norvegia, fanno la stessa cosa. Se si trattano ufficialmente le richieste d’asilo dei siriani, questo significa che chi darà prove sufficienti della sua condizione potrà rimanere, mentre gli altri dovranno essere rimpatriati. Rimpatriarli in un contesto come quello della Siria attuale sarebbe disumano.
… Anni fa, con una simile situazione per la ex Jugoslavia, era stato introdotto uno statuto speciale per un soggiorno limitato. Questo principio potrebbe essere introdotto anche per i siriani.”