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Non è ancora trascorso un anno da quando il popolo del Canton Uri si è espresso, seppur di misura, contro un’iniziativa e un controprogetto che miravano ad evitare l’isolamento viario delle regioni alpine – in particolare del Ticino – a seguito della prospettata chiusura per almeno tre anni della galleria autostradale del San Gottardo.

Senza entrare nei dettagli della consultazione popolare, risulta oltremodo interessante scorrere la lista dei comuni urani che hanno appoggiato, contrariamente al cantone, l’idea di un raddoppio del Gottardo. Quale capolista tra i fautori di un secondo traforo troviamo un comune “illustre” che molti non avrebbero probabilmente mai annoverato tra i potenziali sostenitori di tale soluzione: Göschenen, un paese nel quale oltre il 62% dei cittadini si è espresso a favore del raddoppio del Gottardo.
Cosa sarà passato per la testa dei residenti di questo piccolo comune al portale nord della galleria stradale e ferroviaria del Gottardo? La risposta la troviamo negli ormai innumerevoli studi della Confederazione, che da tempo tentano di dimostrare tecnicamente – con acrobazie degne di un funambolo – la fattibilità della proposta di procedere al risanamento della galleria senza realizzazione di un secondo tubo.
Quanto proposto in questi documenti rappresenta in effetti un goffo tentativo – perché a questo si limita – di minimizzare le deleterie ripercussioni di una chiusura del Gottardo e ripropone la proposta di una “mini strada viaggiante” per trasferire dalla strada alla ferrovia le automobili (da Airolo a Göschenen) e i camion (da Biasca a Erstfeld). Da quando è stata lanciata l’idea sono state prodotte montagne di carta. Quella che all’inizio sembrava una soluzione semplice e pratica si è però rivelata sempre più impegnativa e “da ulteriormente approfondire”.
Ciò ha portato l’Ufficio federale delle strade (USTRA) a ipotizzare un potenziamento del sistema dei treni-navetta e della frequenza di questi ultimi per essere in grado di trasferire, almeno in parte, i volumi prevedibili di automobili e mezzi pesanti attraverso le Alpi, con conseguente esplosione dei costi delle previste infrastrutture (che nel frattempo hanno superato il miliardo di franchi!).

Il potenziamento non concerne soltanto il numero di navette e il loro costo. Anche le piattaforme che permettono di trasferire i veicoli dalla strada ai vagoni hanno assunto dimensioni ragguardevoli. A Biasca – una delle quattro piattaforme previste in zona alpina – a lato dell’autostrada A2 dovrebbe sorgere una struttura comprendente sei binari, ognuno dei quali accessibile da più strade. Accanto a questo dedalo troveranno posto alcune aree di sosta per ca. 75 camion, nonché diverse installazioni tecniche.
Ma non è finita: occorre aggiungere ulteriori tre chilometri di aree di attesa sull’A2, lungo i quali i mezzi pesanti si incolonneranno per lunghe ore in attesa del trasbordo.
Il tutto per la bellezza di quasi 80 mila metri quadrati (suppergiù il 60% dell’attuale superficie industriale del comune), presso la Piazza della tecnica Ferroviaria (AlpTransit) che di fatto viene triplicata.
Ricordiamo che le infrastrutture AlpTransit hanno trovato posto dopo una risistemazione pianificatoria che ha sottratto a Biasca importanti terreni agricoli e forestali di interesse federale dietro la promessa di compensare altrove le zone naturali perdute.
Non sappiamo che ne sarà di tale compensazione vista l’ampiezza della piattaforma che sovrasterà l’esistente.

Resta il fatto che sulla piattaforma transiteranno di continuo 38 locomotive, 38 carri-passeggeri e 400 vagoni di carico. Una mole di traffico ragguardevole, che per essere smaltita richiederà verosimilmente anche un allentamento del divieto di circolazione notturno dei veicoli pesanti sull’autostrada per consentire il transito di camion e treni per 20 ore su 24.
L’impatto di questi spettri che potrebbero materializzarsi in piena zona alpina (ricordiamo di transenna che anche ad Airolo sorgerà una struttura analoga per il trasbordo delle automobili) non finisce qui.
Nel rapporto sui risultati, ahinoi deludenti, della politica di trasferimento, la Confederazione considera problematica la mancata (prevista) costruzione di simili piattaforme di trasferimento nel nord Italia.
Intuendo che il nostro vicino meridionale – nella migliore delle ipotesi – tarderà a fare i suoi compiti, essa propone la costruzione di una tale infrastruttura proprio in Ticino. Facile immaginare che una volta realizzata questa imponente infrastruttura a Biasca, lo scempio logistico-territoriale che ne deriverà da provvisorio diventerà definitivo.

Solo una supposizione? Non proprio, visto che questa idea si sta ormai facendo largo fra le fila di alcuni politici che lo hanno già dichiararlo apertamente.
La decisione dei cittadini di Göschenen di approvare un raddoppio del tunnel del Gottardo non deve quindi sorprendere. Anzi! Dimostrando realismo e lungimiranza, hanno intuito che i primi perdenti di una soluzione che gli ambientalisti amano definire “per la protezione delle Alpi” sono proprio loro.
È tempo che anche in Ticino ci si renda conto di cosa ci aspetta: oltre al danno della chiusura del Gottardo, rischiamo fortemente la beffa di veder trasferire sulle nostre autostrade e per i prossimi decenni le lunghe colonne di auto e camion diretti verso le stazioni di trasbordo ad Airolo e Biasca.
Con buona pace dei promotori dell’Iniziativa delle Alpi e soprattutto di chi – in buona fede – ha creduto alle loro promesse, e non da ultimo di quei comuni che si apprestano a sacrificare importanti terreni per ospitare infrastruure estremamente invasive nel nome di una politica di trasferimento che di ecologico oramai ha solo il nome.

Fabio Regazzi
Consigliere nazionale PPD
Co-presidente del Comitato per il completamento del San Gottardo