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La presa di posizione del premier italiano Monti a Bruxelles smentisce crassamente le prese di posizione ufficiali dell’esecutivo svizzero – A trovarsi tra l’incudine e il martello, come sempre, è il Ticino.

Per l’ennesima volta, il Consiglio federale dimostra di avere completamente perso la bussola in materia di rapporti con l’Italia.
Il 15 febbraio scorso rispondendo ad un’interpellanza del sottoscritto sul tema del contenzioso fiscale tra Svizzera ed Italia, il CF metteva nero su bianco: «Secondo recenti dichiarazioni, il governo Monti è in procinto di studiare la possibilità di un accordo di cooperazione in materia fiscale (imposizione alla fonte in ambito internazionale) con la Svizzera sul modello di quelli firmati con la Germania e il Regno Unito».
Senza indicare chi avrebbe rilasciato simili dichiarazioni, ed in che occasione.
Quindi il Consiglio federale, e non è la prima volta, appena un paio di settimane fa lasciava intravvedere la possibilità di una prossima conclusione di un accordo italo-svizzero.
Con un chiaro messaggio sottointeso: esercitare pressioni sul Consiglio di Stato ticinese per lo sblocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.
Invece, ancora una volta, la realtà si rivela una doccia fredda per le illusioni elvetiche.

Al termine del Consiglio europeo di Bruxelles, le dichiarazioni del capo del governo italiano non eletto sono di tenore diametralmente opposto rispetto alle dichiarazioni ufficiali di Berna. “L’Italia – ha infatti detto Monti – non intende sottoscrivere Accordi bilaterali con la Svizzera sul tema fiscale”.
Si punta sull’impostazione comunitaria.
E’ chiara quindi l’intenzione italiana di continuare a considerare la Svizzera una sorta di Stato canaglia.
Altrettanto chiaro è che il Consiglio federale, per l’ennesima volta ha preso un grosso abbaglio: riteneva la soluzione bilaterale vicina, mentre invece propria questa soluzione viene ora esclusa da Monti.
Queste continue smentite dimostrano in modo purtroppo inequivocabile che i rapporti con l’Italia sono fuori controllo.
Il Consiglio federale non ha in mano la situazione e viene continuamente preso in contropiede. L’incapacità di Berna nel rapportarsi con i vicini a sud raccoglie sempre nuove e sconcertanti conferme. Il Consiglio federale non sarebbe uscito allo scoperto, mettendo nero su bianco su un atto ufficiale che «il governo Monti è in procinto di studiare la possibilità di un accordo di cooperazione in materia fiscale (imposizione alla fonte in ambito internazionale) con la Svizzera sul modello di quelli firmati con la Germania e il Regno Unito» se non fosse stato effettivamente convinto di questa presunta intenzione. Per l’ennesima volta ha preso lucciole per lanterne.

Questi abbagli a ripetizione non sono limitati al tema degli accordi fiscali, ma si estendono ad altri dossier di grande importanza per il Ticino, vedi il proseguimento a sud di AlpTransit.
In questo contesto il Ticino, primo bersaglio delle misure di pressione (leggi atti ostili) di Roma nei confronti di Berna, che quest’ultima dimostra di non sapere né contrastare né prevedere, deve quindi sapersi difendere.
Ovvio il mantenimento del blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri e la sua conferma anche per i ristorni del 2011.
Tuttavia, in prospettiva di nuovi attacchi comunitari alla Svizzera mirati a sfasciare i rimasugli del segreto bancario (chissà come mai questi attacchi non sono mai diretti verso piazze come Hong Kong, Macao, Singapore…?) si impongono misure nell’ambito della libera circolazione delle persone.
Non si può porgere l’altra guancia all’infinito.
Il fatto che il Ticino dia lavoro a 52mila frontalieri e a decine di migliaia di artigiani italiani, che sia quindi uno dei datori di lavoro più importanti per la vicina Penisola, non può essere considerato un dato acquisito e men che meno una realtà scontata ed immutabile.
Soprattutto in considerazione delle gravi e pericolose distorsioni che la libera circolazione delle persone sta producendo sul mercato del lavoro ticinese, come pure sulla sicurezza del territorio.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale Lega dei Ticinesi