Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/single.php on line 88

Il moralista italiano è la nuova figura di spicco: noi siamo buoni, puri, sen­za macchia, pec­cato ci siano al­cuni mascalzoni che fanno i fur­bi, parcheggiano in doppia fila, pagano le mazzette, portano i soldi neri in Svizzera, abbandonano il ti­mone delle navi da crociera.

Veniamo all’ultima opera buffa, nel senso di Buffon, il portiere della Ju­ve e della nazionale. Cosa è succes­so? Nel derby Juve-Milan un pallo­ne milanista è stato parato in un guizzo all’indietro dal lesto Buffon, che ha rilanciato in campo. La mo­viola ha rivelato che quella palla aveva varcato la linea di porta, il guardalinee e l’arbitro non se ne so­no accorti.
Cose che capitano. Ma i perbenisti del calcio virtuoso sono insorti: Buf­fon doveva correre dal direttore di gioco e dirgli «scusi signor arbitro, guardi che la palla era entrata in gol e dunque lei deve fischiarci una re­te contro». Invece lui zitto, come un malvagio Franti del libro Cuore.
Pressato dagli zelanti che pensano che un campo di calcio sia un’acca­demia morale, Buffon ha rincarato: «Io non mi sono accorto che il pal­lone fosse entrato. Però anche se me ne fossi accorto, non l’avrei detto. Non faccio mica il guardalinee, io, faccio il portiere».
Apriti cielo, tutti a dire che Buffon è la maschera tipica del furbetto ita­liano, dell’opportunista scaltro, un capitano Schettino del calcio.
A me pare che tutti i portieri del mondo, se sono gente normale, ca­somai avessero il dubbio che la pal­la da loro fermata fosse oltre la li­nea, se ne starebbero zitti e via gio­care.
Se ci sono degli arbitri in campo è perché loro vedano i gol e i fuorigio­co e i falli, mentre i giocatori devo­no giocare e se commettono fallo l’ar­bitro li punisce: ma tocca a lui.
Il gio­catore che ha fatto uno sgambetto senza farsi beccare mica deve anda­re dall’arbitro a dirgli di essere sta­to cattivo.
Sarebbe poi pericoloso pretendere sul campo gesti di eroismo etico di fron­te alle variazioni casuali delle traiet­torie dei palloni.
Ne potrebbero nascere pasticci: io l’­ho vista dentro, tu l’hai vista fuori, che si fa, un dibattito? Allora, piut­tosto, si usi in diretta la moviola, che non ha cuore e malizia ma occhi neutri.
Io preferisco che sul campo ci siano uomini veri, capaci di genero­sità e fair play ma anche un po’ ca­rognette, un insieme di talento e di astuzia, basta essere in chiaro e l’ar­bitro è il primo a saperlo e vigila, giudica e decide.
L’uomo è un impa­sto di bene e di male, ci vogliono del­le regole, che sono fatte per essere ri­spettate ma vengono spesso trasgre­dite.
La bugia e l’omissione, come il co­raggio e l’abnegazione fanno parte del gioco (e della vita). Proprio per questo il calcio è il gioco più bello del mondo, perché mima le trame gloriose e meschine della natura umana. Siamo tutti dei Buffon, suv­via.
Io se in autostrada mi accorgo di avere viaggiato a 150 km all’ora non corro al primo posto di polizia a chiedere di essere multato.
Conosco le regole e anzi cerco sem­pre di guidare giusto. Ma sono un automobilista, non un santo. Nessu­no pretende la beatificazione di un portiere scaltro. Ma la sua lapida­zione moralistica non tiene conto della splendida, irritante, irrimediabi­le e spavalda natura umana del cal­cio.
Per questo ci vogliono tre arbi­tri più il quarto uomo e i giudici di porta e presto le telecamere in cam­po e altre diavolerie. Perché a gioca­re sono uomini, non macchine per­fette. Per fortuna.

Michele Fazioli
– pubblicato il 5.3.2012 sul Corriere del Ticino – per gentile concessione