A meno di una settimana dal Colpo di Stato che in Mali ha scalzato dal potere il presidente Amadou Toumani Touré, pressioni interne ed esterne crescono attorno ai militari golpisti che sostengono il capitano Amadou Haya Sanogo, affinchè venga ristabilito l’ordine costituzionale.


Gli Stati Uniti si sono uniti alle proteste della comunità internazionale. Nei giorni scorsi, contro i golpisti si erano manifestate le posizioni critiche di diverse istituzioni.
Ecowas, la Comunità economica dell’Africa occidentale, aveva deplorato le azioni irresponsabili dei golpisti, ricordando loro la tolleranza zero verso ogni forma illegale di presa del potere. Simili parole erano giunte dall’Unione Africana.
L’Unione europea, attraverso una dichiarazione della responsabile della diplomazia di Bruxelles, Catherine Ashton, aveva criticato la sospensione della Costituzione e chiesto il rapido ritorno al potere istituzionale.
La Francia, che in Mali ha interessi diretti come ex potenza coloniale e mantiene importanti legami anche con l’esercito, ha dichiarato attraverso il ministro degli esteri Alain Juppé : “Teniamo al rispetto delle regole democratiche e costituzionali, chiediamo il ritorno all’ordine costituzionale nel minor tempo possibile ed elezioni da tenersi al più presto.”

Se nel paese la situazione non tornerà all’ordine, il Mali rischia di essere privato degli aiuti della cooperazione internazionale e di essere isolato politicamente.
Un fattore di rischio per l’equilibrio interno è anche dato dal fatto che il vuoto di potere susseguente al golpe del 22 marzo favorisce le attività del movimento islamico di Ansar al-Din e del Movimento nazionale di liberazione Azawad.
L’obiettivo dichiarato di queste forze ribelli è la conquista dei principali centri del nord del paese.

Il golpe dei militari era stato innescato dal fatto che il governo non concedeva all’esercito il potere e l’indipendenza d’azione per contrastare la rivolta armata che da diverse settimane colpisce le regioni del nord del paese.
Dal 17 gennaio scorso il Mali è interessato da una guerra civile che si combatte tra l’esercito e i guerriglieri del Movimento Azawad. Nelle settimane precedenti il Colpo di Stato, oltre 200mila persone avevano abbandonato i villaggi nel nord, fuggendo nei paesi confinanti e creando di fatto un’importante emergenza profughi.