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Diverse persone mi hanno telefonato o scritto per chiedermi, talune in tono indignato, perché mai i Comuni della Val Onsernone o quelli della Val Verzasca o quello del Gambarogno ( tutti facenti parte del distretto di Locarno) non siano stati inseriti nel progetto di aggregazione previsto dall’iniziativa popolare costituzionale che mira a creare la nuova città di Locarno (oltre a quella di Bellinzona).
Posso assicurare che non si è trattata di una scelta opportunistica mirante a escludere le zone più periferiche e deboli, ma , al contrario, di una scelta strategica mirante a creare le premesse per includere queste zone – se i suoi abitanti lo vorranno – in una fase successiva.

Già ora c’é chi ci rimprovera di aver voluto fare il passo più lungo della gamba proponendo di aggregare in un colpo solo 18 Comuni : figuriamoci quali sarebbero state le reazioni se avessimo esteso il progetto a tutti i Comuni del distretto.
La cosa più urgente per il Locarnese è di riunire i Comuni dell’agglomerato urbano e creare una città, un polo forte in grado di diventare il punto di riferimento non solo per le zone periferiche del distretto ma anche per la Valmaggia.
Se questo progetto dovesse essere accolto dal popolo si dovranno dapprima consolidare le strutture del nuovo Comune e, fatto ciò, si potrà passare alla seconda fase e pensare ad aggregare l’Onsernone, la Val Verzasca ed eventualmente il Gambarogno, come ad esempio ha fatto Lugano con la Valcolla. Sarebbe stato azzardato e poco giudizioso volere tutto e subito, con il rischio di accrescere le opposizioni al progetto e farlo naufragare a scapito anche delle valli.
Non per nulla al quinto capoverso del nuovo articolo costituzionale proposto dall’iniziativa è esplicitamente prevista la possibilità di aggregazioni più estese che dovranno essere effettuate in base all’attuale legge sulle aggregazioni.
Ciò significa ad esempio che se un domani altri Comuni ora esclusi volessero aggregarsi con la Nuova Locarno non sarebbe più necessario procedere a un’ulteriore modifica della Costituzione cantonale e a una nuova votazione cantonale, ma basterebbe presentare un’istanza di aggregazione che si concluderebbe con una votazione consultiva e con un decreto approvato dal Gran Consiglio.

Va pure detto che i Comuni su cui abbiamo puntato per questa prima fase, sia nel Locarnese e sia nel Bellinzonese, sono gli stessi già inclusi dal Cantone in due studi strategici allestiti negli ultimi anni, con la sola aggiunta del Comune delle Centovalli (sia per la sua posizione strategica al confine con l’Italia e sia perché il Municipio interessato ha manifestato il suo accordo a questa eccezione).
In tal modo nessuno potrà accusarci di aver tracciato a casaccio i confini giurisdizionali delle due nuove città e nessuno potrà dire che l’iniziativa popolare è in contrasto con gli intendimenti del Cantone e del futuro Piano cantonale delle aggregazioni.

E infine vi è un altro motivo d’ordine finanziario. L’iniziativa chiede che in caso di approvazione popolare il Cantone dovrà versare 30 milioni di franchi al nuovo Comune di Bellinzona e 24 al nuovo Comune di Locarno.
E’ logico che se il progetto avesse incluso già in questa fase anche le zone più deboli il contributo previsto sarebbe aumentato verosimilmente di qualche decina di milioni di franchi, con il rischio che la richiesta di troppi soldi d’un sol colpo al Cantone in un periodo di vacche magre (la votazione dovrebbe avvenire nel 2015) avrebbe potuto offrire agli avversari del progetto un motivo in più per invitare i ticinesi ad affossarlo. Un passo alla volta, insomma.

Giorgio Ghiringhelli, Losone