Il quotidiano giordano Al Arab al Yawm scrive che dopo aver accolto circa 95mila siriani in fuga dalla repressione del regime di Damasco, la Giordania sta considerando la creazione di una zona tampone lungo la frontiera con la Siria, destinata ai rifugiati siriani di origine palestinese. Lo scopo è impedire la loro entrata nel paese.

Questa zona tampone sarebbe sotto la supervisione delle Nazioni Unite e verrebbe usata unicamente quale zona rifugio dei siriani di origine palestinese.

Quando si tratta di sostenere i palestinesi con i fatti oltre che con i proclami, ecco che al solito i paesi arabi si tirano indietro, si legge sul portale d’informazione JSS News.com: “Del resto, quello che la Giordania fa oggi, la Siria lo ha fatto in passato.
Dopo la caduta del dittatore iracheno Saddam Hussein, la Siria aveva rifiutato di accogliere le migliaia di palestinesi che scappavano dall’Iraq, accogliendo al contempo i rifugiati di nazionalità irachena. Anche allora era stata creata una zona tampone fra la Siria e l’Iraq, dove solamente i palestinesi erano stati raccolti e lasciati in balìa di sé stessi, sino a quando era intervenuto l’Alto comitato dei rifugiati dell’ONU, che era riuscito a trovare paesi disposti ad accoglierli. Un processo che era durato anni.

In Siria vi sono quasi mezzo milione di siriani di origine palestinese. Sino ad oggi solo pochi di loro hanno cercato rifugio in Giordania, ma la Giordania mette le mani in avanti e pensa a una zona tampone per tenerli alla larga. Il governo giordano ritiene che permetter loro di entrare nel paese creerebbe un pericoloso precedente.
Questa discriminazione contro i palestinesi viene considerata normale nei paesi arabi. Una sorta di apartheid che nessuna ONG si dà la pena di denunciare.”