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Circa la metà dei dirigenti d’impresa in Svizzera è di origini straniere. La recente nomina di due dirigenti tedeschi alla guida di Lonza e di Publigroupe ricorda che i passaporti elvetici saranno presto minoritari in questa funzione, scrive oggi sul sito della radio-televisione romanda Esther Coquoz.

“Nulla di sorprendente per un paese come la Svizzera, la cui forza economica contrasta con la ristrettezza del mercato interno – si legge nel suo contributo – Eppure, in questo periodo di franco forte, l’attaccamento dei dirigenti d’impresa al paese potrebbe fare la differenza.
Un esempio recente : Novartis a Prangins. L’americano Jo Jimenez considera il sito come un semplice centro di costi e non considera le alternative per mantenere una produttività redditizia. Solo quando è stato interpellato Daniel Vasella, presidente del Consiglio di amministrazione nato e cresciuto a Basilea, si è lavorato alla ricerca di soluzioni.

I sindacati lo confermano : è difficile far capire il partenariato sociale elvetico ai dirigenti stranieri. Spesso gli europei si accontentano di rispettare la legge, assai lacunosa in Svizzera, dove la pace del lavoro dipende innanzitutto dalle convenzioni collettive.
Gli anglo-sassoni hanno tendenza a reagire appena un trimestre risulta negativo, sacrificando le prospettive a lungo termine. Molti rinunciano a ricorrere alla disoccupazione parziale, ricetta anti-crisi tipicamente svizzera.
Nelle istanze dirigenziali delle aziende è necessario mantenere rappresentanti del tessuto locale, anche se la legge non impone più una maggioranza di cittadini elvetici nei Consigli di amministrazione.
Una regola severa, che potrebbe riaffiorare qualora fosse minacciata la garanzia degli impieghi nel settore industriale svizzero.”