Il rapporto del collega Caverzasio – che aveva peraltro diluito la richiesta della mozione originale, la quale chiedeva genericamente di “elaborare una base legale che consenta l’esposizione di bandiere straniere solo se accompagnate da una bandiera svizzera, di almeno pari dimensioni” – non chiedeva molto: un semplice riconoscimento della dignità della nostra bandiera nazionale, come avviene in altri paesi, nel senso che si elaborasse “un regolamento che permetta l’esposizione di bandiere straniere sugli edifici pubblici e privati, sulle aste che reggono le bandiere (una sola bandiera per asta), nonché in caso di pubbliche cerimonie, soltanto se accompagnate da bandiere svizzere di almeno medesime dimensioni”. Quindi niente proibizioni di sventolii di bandiere straniere in occasione di partite di calcio o di altri avvenimenti sportivi, ma solo in caso di esposizioni su edifici. I paralleli con stemmi su magliette sportive o altri paragoni espressi con arrogante sarcasmo in aula da alcuni deputati intervenuti nel dibattito in Gran Consiglio non erano perciò soltanto fuori luogo, ma decisamente stupidi.

“L’esposizione di una bandiera ha quindi una valenza che è prevalentemente simbolica e cui ognuno dà un significato personale e soggettivo” – ha affermato nel rapporto di maggioranza Greta Gysin. A questo siamo arrivati: ognuno può avere verso la bandiera nazionale un sentimento personale e soggettivo quindi, dico io, anche quello del più assoluto disprezzo.

Non sono d’accordo: la bandiera nazionale – e questo vale per tutti i paesi – ha di per sé un valore assoluto di tradizione che non dovrebbe nemmeno farla associare ad avvenimenti di carattere sportivo che, purtroppo, sembrano essere rimasti gli unici a risvegliare lo spirito patriottico di una fascia della popolazione. Ma se dobbiamo fare di necessità virtù, e accettare che la bandiera entri temporaneamente a far parte dell’espressione del tifo per la propria nazionale in occasione della partita di calcio o dei cortei che ne fanno da contorno, un altro discorso – ed è quanto chiedeva la mozione – bisogna farlo quando si tratta dell’esposizione fissa e generalizzata di una bandiera straniera. In praticamente tutti i paesi del mondo, quando esposte contemporaneamente più bandiere, quella nazionale gode del posto predominante, segno che, tutto sommato, non si dà al vessillo nazionale quel banale valore simbolico soggettivo che vorrebbe il rapporto ti maggioranza.

Vi sono poi paesi che impongono regole analoghe a quelle della mozione in questione, senza che nessuno trovi iniqua tale imposizione. A Panama, per esempio, l’articolo 11 della Legge sull’uso della bandiera e dello stemma nazionale recita: “Le associazioni civili, civiche o di comunità straniere potranno esporre nelle loro sedi le bandiere dei loro paesi di appartenenza, sempreché si tenga una bandiera nazionale nel posto d’onore, di uguale materiale e dignità di quella del paese straniero”.

Il Venezuela ha pure una LEY DE BANDERA NACIONAL, HIMNO NACIONAL Y ESCUDO DE ARMAS DE LA REPUBLICA BOLIVARIANA DE VENEZUELA, il cui articolo 5, oltre a obbligare i residenti nel paese a issare la bandiera venezuelana nelle case private, uffici e stabilimenti durante i giorni della Festa nazionale e nelle occasioni segnalate dalle autorità competenti, recita: In questi casi, così come nei giorni delle loro feste patriottiche, le straniere e gli stranieri residenti nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, potranno pure issare la bandiera della propria nazionalità, assieme a quella della Repubblica Bolivariana del Venezuela, spettando a quest’ultima il posto d’onore, ossia l’estrema destra del luogo d’esposizione.

Andando poi a vedere il trattamento che i vari Stati uniti d’America riservano all’esposizione delle bandiere, balza all’occhio che il New Jersey “proibisce l’esposizione della bandiera di un paese straniero se non accompagnata da una bandiera degli Stati uniti di almeno uguali dimensioni”. Il consigliere di Stato Marco Borradori ha poi affermato in sala che anche la Polonia e la Danimarca hanno leggi analoghe, tanto per contestare l’affermazione sprezzante della relatrice di maggioranza che, parlando dei paesi citati dal sottoscritto (Panama, Venezuela e USA), non ha trovato di meglio da dire che: “Panama, Venezuela … probabilmente anche la Corea del Nord…”

Ora, fino a pochi decenni fa, la Svizzera non era certamente meno patriottica del Sud- o del Nord-America. Ma appunto, da qualche decennio, la smania internazionalistica di gran parte della Svizzera politica ha fatto sì che prendesse il sopravvento la politica dell’”embrassons-nous”, con conseguente tendenza a svendere e a banalizzare tutti i valori nazionali che rendevano, e in parte ancora rendono il nostro paese migliore degli altri. Chiaramente, l’immigrazione incontrollata, le naturalizzazioni ridotte a semplice atto amministrativo, la volontà di indebolire o abolire l’esercito, eccetera, possono oggettivamente essere considerati fatti ben più grevi di conseguenze della banalizzazione del nostro vessillo nazionale, rispettivamente della libera esposizione sul nostro territorio di bandiere straniere, ciò nondimeno, tutti si inseriscono nello stesso orientamento: la progressiva rinuncia all’identità svizzera e ai suoi valori tradizionali, a favore di un supino allineamento a tutto quanto di peggio ci offre l’estero.

L’UDC è il partito del patriottismo e, perché no, dell’orgoglio nazionale, almeno fintanto che ancora ci resta qualcosa di cui andare orgogliosi. Il nostro gruppo ha detto perciò SÌ alle, peraltro moderate, richieste dal rapporto di minoranza. Purtroppo non è bastato e, grazie a 43 voti contrari (contro 30 e un astenuto) un altro pezzetto di orgoglio svizzero se n’è andato a ramengo.

Eros N. Mellini
Deputato UDC in Gran Consiglio


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