Leon Panetta, Segretario americano alla Difesa ha enumerato di fronte a una commissione del Congresso i motivi per non intervenire militarmente in Siria : “Nel caso della Libia, nel mondo arabo e altrove vi era un vasto consenso e il chiaro permesso del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Questo consenso non esiste per la Siria. Le forze d’opposizione non sono organizzate e non controllano il territorio. Un intervento militare esterno potrebbe aggravare la situazione e mettere ancor più in pericolo civili innocenti.”

Lo stesso giorno in cui Panetta teneva il suo discorso, il 19 aprile, altri commenti lasciavano intendere che un intervento armato non sarà da escludere a priori, qualora il presidente siriano Bachar al Assad proseguirà la sua strategia del massacro, malgrado il piano dell’emissario Kofi Annan e l’arrivo nel paese di 300 osservatori delle Nazioni Unite.

Commenti che provenivano dalla riunione sulla Siria che si teneva a Parigi, alla quale partecipavano la Segretaria di Stato Hillary Clinton, il principe Saoud Al-Fayçal, ministro saudita degli affari esteri, il suo omologo francese Alain Juppé e Cheikh Hamad Al-Thani, primo ministro del Qatar.

Alain Juppé aveva sottolineato il rischio di un conflitto regionale in Medio Oriente, qualora non verrà messo fine al ciclo di violenze perpetrate dal regime siriano. Se il piano di Kofi Annan per una tregua duratura dovesse fallire (di fatto è già fallito in quanto i combattimenti non si sono mai fermati) si dovranno valutare altre opzioni.
Il ministro saudita aveva parlato della necessità di provvedere ad armare i ribelli siriani. Stando a diversi osservatori, Qatar e Arabia Saudita di fatto starebbero già armando la guerriglia che si oppone all’esercito di Damasco.

La Siria viene anche evocata nell’ambito delle presidenziali in corso in Francia. Il candidato socialista François Hollande si dice favorevole alla partecipazione francese a un intervento militare deciso dalle Nazioni Unite (scenario più che mai incerto a causa del veto russo). Nicolas Sarkozy invece preferisce l’istituzione di corridoi umanitari.
Il caso della Siria potrebbe finire per assomigliare a quello del Kosovo. Nel 1999 l’intervento armato in Kosovo era stato fatto senza un mandato esplicito delle Nazioni Unite.
L’urgenza umanitaria, i rischi di una destabilizzazione regionale e la mancanza di alternative avevano imposto di agire senza attendere oltre, scavalcando ogni aspetto giuridico.