Il Pretore di Lugano, con decisione cautelare, ha costretto la puntata di “Patti chiari” di venerdì 27 aprile a modificare un servizio, sopprimendo i dettagli dell’inchiesta realizzata e, soprattutto, i nomi di due centri estetici sospettati di pratiche irregolari.

Due decisioni cautelari bloccano l’emissione di Patti chiari sulle fatturazioni dei centri estetici del Ticino. I centri estetici sotto la lente di Patti chiari. Sono centinaia in Ticino, molti sono riconosciuti dalle casse malati per determinate prestazioni, ma le loro fatturazioni, per usare un eufemismo, non sono sempre trasparenti. Questo il tema in programma venerdì 27 aprile nella trasmissione della RSI dedicata ai diritti dei cittadini e dei consumatori.

Uno dei due servizi previsti è però stato oggetto di due decisioni cautelari, emesse dal pretore di Lugano su richiesta di altrettanti istituti estetici coinvolti nell’inchiesta, che non ci permettono di mandare in onda il servizio nella forma in cui e’ stato realizzato.
L’inchiesta di Patti chiari durata diversi mesi è partita da alcune segnalazioni su presunte irregolarità nella compilazione delle fatture nel settore dei centri estetici. Nel caso specifico alcuni trattamenti estetici non riconosciuti dalle casse malati e proposti come metodi di dimagrimento verrebbero fatturati in modo da poter essere rimborsati dall’assicurazione malattia.

In sostanza ai pazienti verrebbero proposti trattamenti dimagranti con infrarossi, radiofrequenza, ultrasuoni e altri macchinari che le casse malati non prendono a carico, ma sulla fattura verrebbe fatto figurare un trattamento riconosciuto dalle prestazioni complementari di molte casse malati e rimborsato agli assicurati.

La redazione ha indagato e ha sottoposto ad un test alcuni centri estetici ticinesi. Un terzo ha emesso fatture non corrispondenti alle prestazioni erogate, dichiarando prestazioni mai effettuate. Nel corso della trasmissione Patti chiari avrebbe voluto rendere noti i dettagli dell’inchiesta e soprattutto i nomi dei centri che si erano prestati all’inganno. Ma la misura cautelare non glielo permette .

Di fatto, la sentenza del pretore afferma che l’interesse all’informazione non giustifica la diffusione dei nomi, in quanto costituirebbe una lesione dei diritti delle persone ritenuta grave. Come sempre scopo della trasmissione era di portare a conoscenza del pubblico fatti e circostanze emerse dall’inchiesta, offrendo agli interessati ampia possibilità’ di spiegare le loro ragioni.

L’inchiesta in questione torna a evidenziare un fenomeno tutt’altro che marginale, considerato il caso clamoroso delle false fatturazioni nelle farmacie che ha portato, nel febbraio scorso, alla condanna di tre farmacisti per truffa nei confronti delle casse malati.

La RSI rispetta l’ordine del pretore ma si riserva di utilizzare tutti gli strumenti legali per poter far fronte adeguatamente al suo dovere di informazione del pubblico.

Comunicazione RSI