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In seguito al puntuale intervento di Donatello Poggi, in merito alla festività del 1. maggio e sulla sua esperienza con i sindacati, mi son sono sentito in dovere di scrivere il mio pensiero in merito alla situazione vissuta in questo periodo dal ticinesi all’interno del mondo del lavoro, essendo anche io, come Poggi, un leghista proveniente dal mondo della sinistra.

Da ex giovane comunista ho partecipato per molti anni alle manifestazioni per il 1. maggio in un clima misto di lotta e di festa, ricordando che se oggi vi sono molti diritti acquisiti è merito delle grandi lotte del passato e che è nostro dovere difenderle, affinché non vi sia un deterioramento delle condizioni dei lavoratori.
Oggi sono sempre più convinto che questo non sia più sufficiente. Penso che l’economia, l’apertura dei mercati e lo sviluppo delle tecnologie abbiano trasformato il mondo in maniera tale che bisogna rivedere e ripensare la maniera, anche per migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

E’ per questo che, non a caso in Ticino, in molti ticinesi s’è molta sfiducia e pessimismo nei confronti del mondo sindacale in toto (secondo me ingiustamente).
E’ sintomatico infatti che la maggior parte dei problemi riguardante il mondo del lavoro in Ticino siano proprio in quei settori dove storicamente i sindacati non hanno mai marcato presenza.
Ed è stato questo il loro più grande errore.

Ma d’altronde qualche anno fa, ad esempio nel settore terziario, il potere di contrattazione dei lavoratori ticinesi era sicuramente un punto a favore, che permetteva di entrare facilmente nel mondo del lavoro in condizioni nettamente migliori rispetto a oggi.
Nonostante una costante crescita, un aumento dei posti di lavoro e nonostante la continua politica di attrattività, per i ticinesi è diventato più difficile trovare un posto di lavoro adeguato in determinati settori dell’economia.
E quando questo posto viene trovato, ci si trova a affrontare situazioni al limite dell’incredibile, salari bassi e pagati con mesi di ritardo, orari assurdi, abusi, mobbing, ecc…
Basti pensare, tanto per fare un esempio, ad alcuni call center dove i lavoratori, oltre a essere pagati poco e pure con mesi di ritardo, si vedevano calcolare anche il tempo che utilizzavano per recarsi alla toilette.

Sono simili a queste tante nuove realtà che sempre più stanno aumentando all’interno del nostro cantone. Vi sono imprenditori che arrivano approfittando delle condizioni quadro della nostra economia, condizioni che permettono loro di speculare sulla vita delle persone.
I problemi legati all’aumento del numero di frontalieri e agli accordi bilaterali (o unilaterali) sono pesanti e vanno affrontati.
Sicuramente c’è da fare un mea culpa da parte di tutti quelli che in passato si sono detti favorevoli all’apertura del mercato del lavoro, ma è anche giusto ricordare che, pure a sinistra, ci sono state voci fuori dal coro che da sempre si sono dette coerentemente contrarie alla libera circolazione delle persone.
Non è questione di sinistra o di destra, se si sta dalla parte dei lavoratori ci si deve rendere conto di come la strada intrapresa sia stata errata e quindi continuare a stare dalla loro parte cercando di cambiare effettivamente le cose.
Nel nostro favore, per il bene della nostra economia e quindi dei lavoratori ticinesi.

Negli ultimi mesi ho assistito a diversi dibattiti in cui si è discusso spesso della politica economica, e proprio da Sergio Morisoli, in un confronto a Matrioska, è stata coniata la terminologia di “eutanasia” di aziende presenti sul nostro territorio (da lui naturalmente intesa in maniera negativa) in contrapposizione all’affermazione del nuovo presidente del PS Saverio Lurati, che affermava che certe aziende, aperte da taluni pseudo imprenditori che sfruttano i lavoratori e non apportano nulla all’economia ticinese potrebbero chiudere oggi stesso.
Beh, devo ammettere che a me il termine “eutanasia” invece è piaciuto parecchio. In questo caso sono d’accordo con il presidente del partito socialista. Certe aziende in Ticino non dovrebbero assolutamente trovare spazio!
Rovinano l’economia del cantone, assumono solo frontalieri a basso costo, pagano poche imposte (c’è crisi e quindi fanno zero utili) e quindi cosa le teniamo qui a fare? Non le vogliamo!
Per questo motivo, visto e considerato di come il mondo del lavoro stia sempre di più degradando all’interno del nostro cantone, per me il primo maggio non sarà certamente un giorno di festa (se non inteso come riposo dal lavoro) bensì un giorno di lotta!

Pertanto parteciperò con convincimento alla giornata del 1. maggio.

Rodolfo Pulino
Movimento Giovani Leghisti